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Antibiotico-resistenza: allarmein Campania, Sicilia e Calabria

Il sud Italia fa un uso spesso sconsiderato degli antibiotici, con il forte rischio di favorire lo sviluppo dei ‘Superbatteri'. Se n'è parlato durante il secondo appuntamento di ‘Donne che sanno'

Maria Rita Montebelli
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Allarme in Campania, Sicilia e Calabria: in queste tre regioni l'elevato consumo di antibiotici rischia, più che altrove, di generare i cosiddetti ‘superbatteri' resistenti alle terapie disponibili. Il ricorso agli antibiotici – secondo l'ultimo rapporto Osmed-Aifa del 2016 -   varia a livello regionale,  con consumi crescenti da nord verso sud. Valori minimi di consumo totale a Bolzano - 16 dosi definite giornaliere per 1000 abitanti - e in Friuli Venezia Giulia  - 19 dosi - a fronte di consumi doppi in Calabria e Sicilia  - 35 dosi - e, soprattutto, in Campania - 40 dosi - dove, sempre nel 2016, sono stati quasi 50 mila i casi di infezioni da batteri antibiotico-resistenti rilevati dai 20 laboratori aderenti al Sistema regionale di sorveglianza dell'antibiotico resistenza (Sirear). Circa la metà dei casi di infezione antibiotico-resistente riscontrati sono stati rilevati nei soli reparti di terapia intensiva, medicina e  chirurgia, rispettivamente il 20,60, il 15,33 e il 14,20 per cento dei casi. È quanto emerso durante il secondo incontro pubblico di ‘Donne che sanno', dal titolo ‘Sapere sull'antibiotico resistenza. Come difendersi dalle minacce del futuro e proteggere i nostri bambini?', promosso da ‘Fondo Mario e Paola Condorelli' e ‘L'altra Napoli' con il patrocinio di regione e comune, e che si è tenuto negli scorsi giorni nel capoluogo partenopeo. “Non sempre – ha affermato Silvestro Scotti, presidente ordine dei medici e  odontoiatri della provincia di Napoli - i medici di famiglia sono in grado di valutare l'opportunità dell'uso degli antibiotici perché sono posti di fronte al dilemma fra certezza e sospetto della malattia, a causa dei familiari che richiedono una diagnosi rapida e una pronta guarigione. Occorre una generale rieducazione all'uso degli antibiotici, iniziando opportunamente dalle scuole. Faccio un appello alle ‘Donne che sanno' perché le vaccinazioni, su cui oggi tanto si discute, si fanno per curare soprattutto una serie di infezioni, sulle quali si interviene poi con gli antibiotici. È importante che le donne diffondano la cultura delle vaccinazioni”.     Sorveglianza, controllo delle infezioni, uso corretto degli antibiotici, comunicazione e ricerca. Su questi temi si sono confrontati alcuni tra i massimi esperti del settore: Antonio Limone, direttore generale dell'Istituto zooprofilattico sperimentale del Mezzogiorno; Francesco Rossi, professore ordinario farmacologia dell'università degli studi della Campania Luigi Vanvitelli; Giuseppe Caruso, responsabile area ricerca di Farmindustria; Carlo Tascini, direttore della prima divisione di malattie infettive a indirizzo neurologico dell'ospedale Cotugno di Napoli. “Fino agli anni Duemila - ha sottolineato Rossi - è stato grande l'impegno dell'industria sulla produzione di antibiotici, impegno che è stato trascurato negli ultimi 15 anni. La realtà è che i batteri tendono a difendersi dagli antibiotici, parlano fra di loro e si trasformano. Occorre lanciare l'allarme non solo sull'uso indiscriminato degli antibiotici nell'uomo ma anche in campo veterinario. L'antibiotico-resistenza minaccia il ritorno ad un'era ‘pre-antibiotica' con gravi conseguenze per la sicurezza sanitaria e aumento dei costi”. “Salute umana e salute animale sono interconnesse – ha ricordato Limone – e spesso non si sa che le persone assumono antibiotici dal mondo zootecnico, cioè attraverso gli alimenti, anche perché in molti allevamenti fino a poco tempo fa gli antibiotici venivano usati come fattore di crescita. I germi che resistono oggi negli animali di allevamento sono i più pericolosi. Ripristinare la biosicurezza e la bioprotezione negli allevamenti rende inevitabilmente meno necessario l'uso degli antibiotici, a tutto vantaggio della salute dell'uomo”. “In  Campania – ha affermato Tascini – si registra una antibiotico-resistenza pari al 43 per cento, un dato da mettere al confronto con la Francia dove questa resistenza è al 5 per cento. Anche nella nostra regione sono urgenti misure atte a contenere la diffusione della resistenza: uso prudente degli antibiotici, programmi di gestione antimicrobica, incremento delle vaccinazioni e riduzioni delle profilassi antibiotiche inutili”. Infine Caruso: “Le imprese del farmaco sono in prima linea nella lotta contro l'antibiotico-resistenza. Una battaglia che non si vince da soli ma con un fronte comune internazionale. Farmindustria ha promosso alcune proposte concrete, partendo da un dato: attualmente sono 919 gli studi clinici sugli antibiotici in tutto il mondo, dei quali il 25 per cento è già stato autorizzato all'uso. In Italia dal 2014 al 2016 le prove sperimentali su nuovi antibiotici, sono raddoppiate, da 18 a 47”. (MATILDE SCUDERI)

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