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Cancro del polmone: un farmacocambia la pratica clinica in 1 linea

Lo studio Keynote-189 presentato al congresso dell'American Association for cancer research evidenzia l'efficacia di pembrolizumab, che migliora la prognosi rispetto alla sola chemioterapia

Maria Rita Montebelli
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Durante il congresso annuale dell'American association for cancer research (Aacr), che si è concluso negli scorsi giorni a Chicago, sono stati presentati i risultati dello studio di fase III Keynote-189, già pubblicati sul New England journal of medicine. Da questi emerge che la combinazione di pembrolizumab, molecola immuno-oncologica, e chemioterapia migliora significativamente la sopravvivenza dei pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule (Nsclc) non squamoso metastatico di nuova diagnosi e riduce del 51 per cento il rischio di morte rispetto alla sola chemioterapia, indipendentemente dall'espressione della proteina Pd-l1, che impedisce sia l'attivazione dei linfociti, quindi la distruzione della cellula cancerosa, sia la moltiplicazione delle cellule immunitarie rivolte alla ricerca e alla distruzione di quello specifico tipo di cellule tumorale. I commenti degli autori. “I dati di questo importante studio, a cui l'Italia ha offerto un grande contributo, dimostrano che la sopravvivenza globale dei pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule metastatico aumenta moltissimo con la combinazione pembrolizumab più chemioterapia in prima linea di trattamento – spiega Marina Garassino, responsabile della struttura semplice di oncologia medica toraco-polmonare presso la fondazione Istituto nazionale di tumori di Milano e ultima firma del lavoro del New England journal of medicine - Questi risultati infatti hanno determinato la chiusura anticipata dell'analisi dello studio. Il trattamento immunoterapico con pembrolizumab in combinazione con la chemioterapia determina un effetto sinergico antitumorale attraverso il potenziamento della risposta immunitaria verso il tumore”. “La sopravvivenza prolungata nei pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule avanzato - afferma Leena Gandhi, primo autore dello studio e professore associato al department of medicine e direttore del Thoracic medical oncology program, Perlmutter cancer center alla New York university Langone health - rimane bassa e lo standard di cura per la maggior parte di queste persone è rappresentato dalla chemioterapia, che assicura un beneficio di sopravvivenza di alcuni mesi”. “Pembrolizumab oggi può essere somministrato in monoterapia in prima e in seconda linea solo nei pazienti il cui tumore esprime un biomarcatore, Pd-l1 – continua Garassino - Lo studio Keynote-189 dimostra che tutti i pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule non squamoso beneficiano della combinazione di pembrolizumab e chemioterapia in prima linea di trattamento, indipendentemente dall'espressione di Pd-l1. Resta fondamentale la determinazione dell'espressione di Pd-l1 al momento della diagnosi per decidere la strategia ottimale di trattamento di ciascun paziente”. “I risultati dello studio Key-189 sono in grado di cambiare la pratica clinica - sottolinea Gandhi - Questo studio di fase III dimostra un miglioramento del tasso di risposta obiettiva, della sopravvivenza libera da progressione e della sopravvivenza globale in tutti i gruppi di pazienti, indipendentemente dall'espressione di Pd-l1, dimezzando il rischio di morte, effetto senza precedenti nella terapia di prima linea per il tumore del polmone non a piccole cellule non squamoso avanzato”.  (MATILDE SCUDERI)  

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