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EyeTaste, la App per fare video perfetti con lo smartphone

Giulio Bucchi
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Realizzare video professionali con il proprio cellulare e apporvi sigla, firma e copertina per renderli riconoscibili nel mare magnum della rete. Trasformare lo smartphone in uno studio televisivo dove gestire l'archivio di immagini e montare e speakerare clip di durata fino a 600 secondi, prima di condividerli in rete. E' a queste sfide che risponde EyeTaste, applicazione pensata per un pubblico di specialisti dell'informazione e della comunicazione aziendale. Disponibile su piattaforme iOS e Android, a breve arriverà la versione per Windows Phone. Il progetto EyeTaste è nato a Milano nel 2013. Il team iniziale, al quale si sono poi aggiunti altri professionisti, è composto dall'editore Francesco Bevivino, da Gianluca Morello e da Luca Rizzi. L'input arriva dall'osservazione del comportamento degli utenti del web: sempre più persone condividono sui social video girati con lo smartphone, ma non esistono strumenti perché la firma dell'autore rimanga riconoscibile quando il filmato diventa virale. Per questo, intuiscono gli ideatori di EyeTaste, serve uno strumento che, in maniera semplice e accessibile, consenta alle persone di editare già sul cellulare i propri video. Le prime versioni dell'applicazione sbarcano sugli store nel giugno 2014 e sono rivolte a un pubblico generalista. Ma è solo ora che EyeTaste sta arrivando a maturazione. Il programma parla con i principali social network di riferimento (Facebook, Vimeo e Twitter su tutti), ma è anche collegato a una propria piattaforma. "La app è disponibile in due versioni – spiega Bevivino –: c'è quella per i privati, giornalisti ma anche amatori. E poi quella personalizzata per le grandi aziende, che possono impiegarla per le campagne dove è importante il coinvolgimento del pubblico". EyeTaste ha ricevuto un investimento dalla svizzera Digital Taste di circa 200mila euro. I canali di finanziamento passano dagli accordi commerciali con imprese e case editrici e dalla raccolta pubblicitaria. di Roberto Procaccini

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