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Tumore, al via il test che ferma la malattia

Andrea Tempestini
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Un vaccino contro il tumore al fegato. L'ospedale “Sacro Cuore Don Calabria” di Negrar, in provincia di Verona, è fra i primi al mondo ad averne avviato la sperimentazione sull'uomo, assieme all'Istituto Nazionale Tumori “Pascale” di Napoli. Si tratta di un progetto internazionale finanziato dall'Unione Europea che oltre all'Italia coinvolge anche Germania, Spagna, Francia e Inghilterra. Allo studio partecipano nove partner europei del settore farmaceutico e universitario. Leggi anche: Tumore, il terribile legame con l'alcol Il nome del vaccino è IMA910A. È un farmaco innovativo contro l'epatocarcinoma - il tumore al fegato, per l'appunto - che ha lo scopo di indurre una risposta immunitaria in grado di ritardare il ripresentarsi del cancro o di favorire un'ulteriore regressione della malattia dopo il trattamento locale. L'epatocarcinoma è il tumore maligno più frequente legato al fegato. Lo scorso anno nel nostro Paese si sono verificati 13 mila nuovi casi. In tutto il mondo, invece, 750 mila. Al momento, per questo tipo di tumore le possibilità di cura sono molto limitate: in Italia, nel 2014, è stato causa di quasi 10 mila decessi. In più del 70 per cento dei casi l'epatocarcinoma è riconducibile a fattori di rischio come l'abuso di alcol e l'infezione da epatite C e da epatite B. L'epatocarcinoma è la quarta causa di morte dovuta a tumori negli uomini, in modo particolare dopo i settant'anni. In generale la prospettiva di vita media dopo la diagnosi della patologia è di cinque. Ora, grazie a questo farmaco, la condizione di migliaia di pazienti potrebbe cambiare. «La sperimentazione è riservata a persone con epatocarcinoma in fase iniziale non ancora sottoposti a trattamento o a chi lo ha iniziato da poco» dice a Libero la dottoressa Stefania Gori, direttrice del Dipartimento Oncologico dell'ospedale di Negrar e presidente nazionale dell'Associazione Italiana di Oncologia Medica. «Si tratta di nove vaccinazioni complessive. Le prime quattro vengono effettuate una volta alla settimana, le altre cinque ogni tre. L'obiettivo di questa prima fase - prosegue la dottoressa Gori - è quello di valutare la tollerabilità del vaccino, quindi di valutare eventuali effetti collaterali e di verificare se, somministrato dopo la regressione della malattia ottenuta tramite il trattamento locale, è in grado di provocare una risposta immunitaria nei confronti del tumore». Nel 2018 l'ospedale “Sacro Cuore Don Calabria” tratterà quaranta pazienti. Poi, in base ai risultati, il numero potrebbe aumentare. «Tutti i pazienti che prenderanno parte alla sperimentazione verranno sottoposti ad alcuni esami preliminari per verificare la loro idoneità» sottolinea il direttore del Dipartimento Oncologico dell'ospedale di Negrar. «Chi dopo il trattamento locale, quindi dopo l'intervento chirurgico, la termoablazione o la ablazione mediante radiofrequenza e microonde, chemioembolizzazione, radioembolizzazione, non presenterà evidenza di tumore vitale potrà ricevere il trattamento sperimentale». di Alessandro Gonzato

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