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Alzheimer, scoperto il meccanismo che blocca la memoria

Eliana Giusto
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Sembra nascondersi in una particolare area del cervello la chiave per comprendere meglio l'Alzheimer e riuscire a contrastarlo. In quest'area la perdita di cellule che producono dopamina - il neurotrasmettitore della felicità, rilasciato durante le situazioni piacevoli - può infatti causare il malfunzionamento dell'ippocampo, la parte del cervello deputata a creare i ricordi. Ricercatori dell'University of Sheffield (GB) hanno confermato per la prima volta nell'uomo l'importanza per l'insorgenza della malattia di quest'area profonda del cervello, detta Vta (area tegmentale ventrale), individuata un anno fa da Marcello D'Amelio dell'Università Campus Bio-Medico di Roma. Anche questo nuovo studio parla un po' italiano. Gli scienziati britannici sono stati guidati da Annalena Venneri, docente all'Università di Sheffield. La scoperta, pubblicata sul Journal of Alzheimer's Disease, potrebbe rivoluzionare gli screening per l'Alzheimer, il ladro della memoria che colpisce più di 520 mila persone nel Regno Unito, oltre 600 mila in Italia e 47 milioni di persone in tutto il mondo, destinate secondo le stime a triplicarsi entro il 2050. Leggi anche: Alzheimer,così l'ansia può innescare il processo neurodegenerativo Il nuovo legame tra la diminuzione della quantità di dopamina prodotta nella parte profonda del cervello e l'abilità di formare nuovi ricordi potrebbe essere cruciale per riconoscere i primissimi segni della patologia di Alzheimer. "Sono necessari ulteriori studi - avverte Venneri - ma questa scoperta può potenzialmente aprire la strada a un nuovo modo di intendere gli screening per la popolazione anziana in caso di primissimi segnali di Alzheimer, cambiando la modalità in cui vengono acquisite e interpretate le scansioni diagnostiche del cervello e utilizzando differenti test per la memoria. Le nostre ricerche - aggiunge l'esperta - ora si stanno concentrando sull'affinare la metodologia per renderla applicabile clinicamente, inoltre stiamo lavorando per estendere lo studio su campioni più vasti". "Un altro possibile beneficio di questa scoperta è che potrebbe portare a un'opzione di trattamento differente della malattia, con la possibilità di cambiarne o fermarne il corso molto precocemente, prima che si manifestino i principali sintomi".

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