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Gianfranco Fini, la profezia di "Libero": Benny sapeva già come sarebbe andata a finire

Andrea Tempestini
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Il 13 febbraio 2011 a Milano nasce ufficialmente Futuro e Libertà per l'Italia, l'ultima creatura politica dell'allora presidente della Camera Gianfranco Fini. La profezia di Libero, magistralmente immortalata da Benny (nella foto, ndr), è che il congresso di Milano, più che il battesimo della nuova destra, è il funerale politico dei finiani. Con il senno di poi è facile rendersi conto che i presupposti c'erano tutti, ma la grande stampa e i media progressisti sponsorizzavano talmente il partito di Fini in funzione antiberlusconiana che gran parte dell'opinione pubblica riteneva davvero che il presidente della Camera fosse l'astro nascente di una nuova destra accettabile, educata e soprattutto antiberlusconiana. A Milano i finiani presentano il loro Pantheon ideale che include Roberto Saviano e Indro Montanelli, Paolo Borsellino e Norberto Bobbio, un mix talmente variegato da ricordare Jovanotti con la sua «grande chiesa che passa da Che Guevara e arriva fino a madre Teresa». Sono i mesi in cui nelle televisioni spopolano personaggi ora scomparsi come Carmelo Briguglio e Fabio Granata, alfieri della destra giustizialista e «repubblicana» (come se dall'altro lato ci siano invece i monarchici), che arrivano a proporre una Santa Alleanza con la sinistra pur di sconfiggere l'odiato Cavaliere. Nonostante le numerose interviste, apparizioni televisive e il supporto della grancassa mediatica, Fli è in una parabola discendente con sondaggi fermi al 3-4%, lontanissimi dall'8% di qualche mese prima. Da quel giorno di aprile del famoso dito alzato e del «Che fai, mi cacci?» che aveva entusiasmato la nuova grosse koalition antiberlusconiana, la strategia dei finiani si radicalizza sempre di più, fino a diventare suicida. Inizialmente Fini dice di «non essere pentito di aver fondato il Pdl» e di non avere intenzione di fondare un nuovo partito, ma un paio di mesi dopo forma propri gruppi parlamentari alla Camera e al Senato. Poche settimane dopo annuncia a Mirabello la nascita di Fli, rompe definitivamente con il Pdl ma dice che non voterà mai la sfiducia al governo Berlusconi. A novembre i membri di Fli si dimettono dagli incarichi di governo e chiedono di formare un nuovo esecutivo allargato all'Udc di Casini. Pochi giorni dopo Fini tenta il colpo grosso, l'esecuzione politica di Silvio Berlusconi, e presenta insieme alle opposizioni di sinistra una mozione di sfiducia. Fini è convinto di avere i numeri per far cadere il governo, ma il giorno del giudizio, il 14 dicembre 2010, molti deputati del gruppo non lo seguono nella sua strategia kamikaze e il governo Berlusconi si salva per tre voti, 314 contro 311. In mezzo c'è anche lo scandalo della casa di Montecarlo e la relativa perdita di credibilità per quelle dimissioni che non arrivano mai. Ma è il 14 dicembre il giorno della morte politica dell'ex leader di An. «Siamo animati da un'unica grande ambizione: una nuova stagione di riscatto e partecipazione per la nostra patria. Soltanto il tempo ci dirà se saremo all'altezza». La sentenza è arrivata con le politiche del 2013, ma Benny l'aveva preannunciata già due anni prima. di Luciano Capone

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