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Nicola Porro: "Il M5S ha vinto grazie a Luigi Di Maio, Silvio Berluscoin ha perso per colpa dei suoi"

Alessandra Menzani
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Nicola, è cambiata in meglio o in peggio l' Italia dal '94, quando hai assunto l' incarico di portavoce del ministro degli Esteri, Antonio Martino, ad oggi? «Io sono per natura ottimista, per questo penso che il nostro Paese sia evoluto. Abbiamo una sorta di pregiudizio positivo nei confronti del nostro passato che ci fa odiare il presente, lo stesso che rivaluteremo quando sarà a sua volta trascorso». Preferisci la radio, il giornalismo televisivo o la carta stampata? «Ormai è tutto fuso insieme, incluso il giornalismo della rete. Non si possono creare compartimenti stagni. In tutto questo la carta stampata conserva un ruolo fondamentale. Essa si trasformerà, ma non morirà mai». Qual è l' esperienza professionale che ti ha più segnato dal punto di vista umano e formativo? «I tre anni in Rai, perché lì mi sono reso conto di una verità che mi ha fatto male: non ero padrone del mio destino, quindi la mia carriera non dipendeva dalle mie capacità, bensì da fattori politici. Sono entrato in azienda quando la dirigeva Luigi Gubitosi, nominato da Mario Monti, verso il cui governo ero molto critico. Gubitosi nutriva fiducia e stima nei miei confronti e per i primi due anni mi sono divertito a fare il mio mestiere, avevamo creato una bella squadra e tutto funzionava alla grande. Questi equilibri sono stati sconvolti quando Matteo Renzi decise di nominare direttore generale un incompetente, Antonio Campo Dall' Orto». Cosa rimproveri a Dall' Orto? «Non sono mai stato convocato né ascoltato. Mi sono sentito umiliato, svilito nella mia professionalità, trattato come fossi niente, soprattutto quando il direttore di rete, Ilaria Dallatana, mi ha proposto di mantenere il mio compenso e di fare un altro programma, che sarebbe andato in onda la domenica alle 19 e che di giornalistico aveva ben poco. Io non ho accettato e sono andato via. Non avevano capito che io non volevo uno stipendio o un lavoro, io volevo fare il giornalista. Così come avevo previsto, quel format, affidato poi ad un' altra persona, fu un fallimento totale, tanto che fu cancellato dopo 2 o 3 mesi». Che tipo di direttore è stato Vittorio Feltri? «Feltri è geniale, non solo scrive divinamente, ma riesce anche ad inquadrare in un titolo il senso di un articolo, con una maestria che pochi possiedono». Una volta mi è capitato di vedere un video da te girato in cui apparivi furioso perché era stata rimandata la diretta di Matrix. Ti arrabbi facilmente per questioni di lavoro? «Sì, forse come tutti. Mi infastidiscono le manovre oblique ed i comportamenti poco trasparenti». Si lavora meglio in Rai, a La7 o a Mediaset? «Nei primi due anni in Rai sono stato benissimo, prima di sentirmi vessato e castrato nelle mie capacità. A La7 ero molto giovane, era il mio esordio televisivo, nonostante avessi qualche esperienza pregressa, quindi conservo di quel periodo un ricordo carico di emozioni, inoltre io e Luca Telese avevamo inventato un format vincente. Mediaset è una macchina di una straordinaria efficienza, snella, e dà tante opportunità senza limitarti». Il problema dell' Italia è la mancanza di un leader o una sovrabbondanza di personaggi che vogliono fare il leader? «Il vero dramma è che si pensa tuttora che sia la politica a dovere risolvere i problemi, attribuendo allo Stato ogni colpa e responsabilità. Dovremmo smetterla perché questo è un modo per restare immobili, aspettando che siano gli altri a salvarci». Per approfondire leggi anche: "Mer**a", la furia di Nicola Porro contro il 4 marzo Secondo te, si farà o non si farà questo governo? E soprattutto chi sarà il premier? «Non ne ho la più pallida idea». Da 0 a 10 che punteggio daresti a Di Maio? Vogliamo un giudizio motivato. «Gli do 8, perché è riuscito a prendere gli stessi voti della Dc ai suoi tempi d' oro». Ma i voti li ha presi il M5s. O no? «Non hanno vinto i 5stelle, ma il loro candidato leader, che è stato capace di interpretare il sentimento di lotta che anima i cittadini che lo hanno votato». A Salvini che punteggio conferiresti? «Un bel 9, perché aveva un compito più arduo e ha quadruplicato i voti, in proporzione il leader della Lega ha superato quello dei pentastellati». E a Berlusconi? «Gli darei 8, perché tutti i voti arrivati a Forza Italia sono di Silvio Berlusconi. Il suo unico errore è stato quello di non intuire che avrebbe aumentato i consensi se avesse davvero ampliato e cambiato la classe dirigente». Renzi è promosso o bocciato? «Gli do 6, perché sono buono. Chiunque governi in questa fase storica, prendendo scelte impopolari, rischia di essere osteggiato. Ma Renzi ha raccolto forse più astio rispetto a quello che merita. Il suo strafalcione è nella sua mancanza di umiltà. Si è circondato di persone sbagliate, pensando che l' Italia potesse essere governata dal suo circolo di amichetti, quelli che si è fatto da bambino. Eppure questa non era neanche lealtà nei confronti del suo entourage, bensì presunzione». Sembra che Renzi abbia fatto un po' l' errore di Berlusconi? «Forse in minima parte sì, ma senza possedere lo spessore e l' empatia del leader di Fi». Renzi e Berlusconi sono finiti? «Non darei mai per finito un leader politico, se abbiamo ancora D' Alema come si può considerare estinto Renzi?». Le molestie nel mondo dello spettacolo sono così diffuse come si narra? Tu le hai mai subite? «No, mai. Né le ho inflitte. Si tratta di una bufala micidiale. Oggi confondiamo la violenza con la molestia, l' insulto con il sessismo, la maleducazione con l' insensibilità, l' omicidio con il femminicidio. Le donne non sono idiote e sprovvedute come alcune di loro vorrebbero farci credere. Trump, accusato di maschilismo, ha appena nominato a capo della Cia una signora, Gina Haspel. Il giorno dopo i giornali italiani, accantonando la tematica del sessismo, hanno indicato costei come la sanguinaria spia che torturava i terroristi islamici. Mi sembra che siamo davanti ad un femminismo a correnti alternate, quindi falso». Gli italiani sono razzisti? «Assolutamente no. Si fanno girare le balle davanti a palesi ingiustizie. Se razzismo c' è, esso è al contrario. Il fatto di essere una minoranza non deve dare agevolazioni». Secondo te, è vero che per fare carriera nel giornalismo è meglio essere di sinistra? «Assolutamente sì: occorre esserlo ed omologarsi a ciò che pensano tutti gli altri colleghi. Faccio questo mestiere da 30 anni e sono orgoglioso di non avere mai ricevuto un premio. Li ho rifiutati tutti, perché sono qualcosa di disgustoso per la nostra categoria. Si tratta, infatti, di medaglie e trofei al conformismo». Le ideologie sono morte o in fin di vita? «Ne stano nascendo e maturando di nuove. La prossima è quella della connettività. Siamo in piena rivoluzione digitale». di Noemi Azzurra Barbuto

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