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Valeria Fedeli, Filippo Facci: grazie a Dio ce ne siamo liberati. E al Pd chiedo se...

Andrea Tempestini
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Caro Partito Democratico, e se Valeria Fedeli fosse la spiegazione? Se la (finalmente) ex ministra fosse anzi il problema? Non è sadismo né compiacimento dire che la débâcle della sinistra sia stata storica: eppure, se c'è qualcosa che palesemente non avete voluto vedere, è proprio una come lei. Prima avete messo una ministra ambiguamente non laureata all'Istruzione, dico all'Istruzione, anzi Istruzione e università e ricerca; poi avete piazzato e sostenuto questa sindacalista con una carriera da sindacalista e il lessico da sindacalista (ha pure la faccia da sindacalista, ma questo è terreno scivoloso) e l'avete gestita come usato sicuro. L'avete candidata a Pisa, mica a Predappio, ed è riuscita a perdere con una candidata di centrodestra che ha tenuto fede al suo cognome (Rosellina Sbrana) ma l'avete piazzata lo stesso in Parlamento, paracadutandola in un plurinominale blindatissimo. Con queste premesse, per niente persuasi che persino il popolo Pd si fosse banalmente rotto di palle, l'avete sospinta come candidata alla presidenza del Senato: altro scontato fallimento. Ora, caro Pd, la domanda: ma non ti viene il sospetto, posti tutti i sommovimenti e gli aggiornamenti populistici degli ultimi quindic'anni, che simbolo della famigerata casta sia stata percepita anche una come lei, anzi lei? Che l'usato sicuro fosse da rottamare? Leggi anche: L'ultima aberrante figuraccia di Valeria Fedeli... CHE CURRICULUM Lascia perdere, ora, che dalle parti del centrodestra la considerazione politica “finalmente è andata fuori dalle palle” sia ritenuta bastante. Proviamo a riesaminare la percezione dell'ex ministra Fedeli con qualche dettaglio biografico ed estetico in più. Si diploma alle magistrali ma solo come maestra d'asilo, poi prende il diplomino da assistente sociale. Non è molto, ma poi ecco la carriera sindacale: e le carriere sindacali - ti rivelo, caro Pd - hanno veramente rotto a tutti. Cgil e sigle varie, poi alla segreteria nazionale degli statali intoccabili, “responsabile del coordinamento delle donne”, poi nel 1994 entra a far parte della Direzione nazionale della Cgil, poi cento altre sigle e passaggi che ci siamo stufati. Poi la politica: in sostanza, per compensare il di lei marito che aveva perduto il seggio, la moglie fu paracadutata a Firenze. Poi subito vice presidente del Senato: da eletta di prima nomina. Ma il famoso popolo del Pd, in pratica, che cosa vedeva? Una candidatura politica senza che lei avesse mai lavorato in vita sua. Capolista del Senato in Toscana: anche se non viveva in Toscana. Toscani erano i voti del marito, Achille Passoni, ex sindacalista pure lui, ex senatore che aveva lavorato almeno quanto la moglie. È questo che vedeva il popolo piddino. E liquidiamo subito la solita faccenda della non-laurea, cioè, fingiamo che sia liquidabile. Si è definita “laureata alla Scuola per assistenti sociali”, laurea che non esiste. Abbiamo avuto una ministra dell'Istruzione non laureata anche se dapprima aveva dichiarato di esserlo, anzi, una ministra che non ha neppure un compiuto diploma di scuola media superiore: difatti non fa accedere all'università. Credi che queste cose abbiano colpito negativamente soltanto la Destra, caro Partito Democratico? Intanto, però, la non-dottoressa si impalcava con battaglie molto di sinistra, quelle sì, co-fondando l'amatissimo e moderato movimento “Se non ora, quando?”, specializzato nel denunciare il Rubygate di Berlusconi, anzi, «il modello degradante ostentato da una delle massime cariche dello Stato, lesivo della dignità delle donne e delle istituzioni». I celeberrimi “veri problemi degli italiani” intanto si facevano gli affari loro, indisturbati. Anche gli italiani senza particolari problemi, tuttavia, vedevano che sullo scranno dell'Istruzione era d'un tratto salita una sindacalista: e che ne sapeva di quel patrimonio nazionale che per l'Italia è la cultura, intesa non solo come scuola ma come letteratura, musica, filosofia, storia? LA PIÙ RICCA Anche perché a quel punto lei era nel mirino, come un tacchino: dalla gaffe di un congiuntivo sbagliato (per iscritto) al discorso in cui parlò di “percorsi di assistenza sempre più migliori”. Anche supponente, la signora: guai a non chiamarla “ministra”, alla boldriniana maniera. E a proposito di casta: intanto la Fedeli figurava pure come la più ricca del governo; per il 2017 dichiarava 182.016, più del ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda. E secondo te, caro Pd, nell'Italia della crisi e dei social, questo come veniva percepito? Come meritocratico? Infatti alle Politiche ha perso. La ministra senza laurea era stata candidata proprio a Pisa, la città della Normale, eccellenza nel mondo accademico. Bella trovata. Trombata, anche perché Liberi e Uguali e Potere al Popolo hanno preso quasi il 7 per cento, assieme. Ma ecco: ripescata come senatrice, in virtù di una candidatura nelle liste proporzionali. E ricomincia la giostra. Bene, bravi. Il resto è cattiveria, anche se conta. Per gli elettori conta. L'età conta. La faccia conta. La supponenza conta. E contano, a quasi 70 anni, quei capelli color sangue raggrumato. di Filippo Facci

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