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X Factor, intervista ad Alessandro Cattelan: "Stasera canto io"

Alessandra Menzani
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Senti Ale Cattelan, partiamo dalle cose serie: c' è la finale di X Factor ma a momenti l' Inter esce col Pordenone in Coppa Italia... «Pensa che ero al Forum a fare le prove. Non ho visto un cazzo di niente, sarei andato volentieri allo stadio...». Hai detto la tua sulla «favola del Pordenone»? È importante. «Diciamo che è stata una partita "poetica". Hanno buttato il sangue su quel campo come avrei fatto io se avessi avuto la possibilità di giocare a San Siro. Del resto alla maggior parte di loro non capiterà mai più di fare una cosa del genere. Mi è piaciuto molto perché alla fine noi siamo passati e loro si sono portati a casa un gran ricordo». L' ultima sul calcio e parliamo di X Factor, sabato scorso eri a vedere Juve-Inter. Hai sofferto molto? «A Torino vado tutti gli anni, lo stadio è meraviglioso. C' erano solo due tifosi della Juve che... parlavano troppo. Allo stadio mi piace tapparmi le orecchie, questi due erano fastidiosi però dai... è stata una bella partita». Hai ancora voglia di fare X Factor? «Sì, e devo dirti che questa cosa mi stupisce. In genere preferisco le cose "personali", questo invece è un format, lo faccio da anni (anche la prossima stagione ndr) e sai com' è... Però alla fine è sempre coinvolgente, divertente, di grande qualità». Però a dire sempre le stesse cose ci si rompe un po' le balle... «Sai, alla radio (conduce Catteland su Radio Deejay ndr) e a Epcc ogni giorno è nuovo, qui a X Factor sono anni che mi tocca dire sempre "i nomi che vi sto leggendo non sono una classifica, ma è l' ordine casuale...". Le frasi del resto sono quelle». Drusilla Foer, star dello StraFactor, ha detto che farebbe volentieri la valletta a Sanremo, tu hai un «sogno Sanremo» o non te ne frega niente? «Sicuramente sarebbe una cosa bella, piacevole, ma non è un obiettivo particolare. Il mio sogno "da piccolo" era fare Epcc e vorrei continuare a fare quello, è la cosa che più mi rappresenta». C' è un programma che non faresti mai? «Quelli che ti costringono a svegliarti troppo presto». Un programma sul calcio lo faresti? «Il calcio mi piace tanto, ma mi annoia "la chiacchiera" che gli gira intorno. A Epcc, per dire, mi diverte intervistare i calciatori perché sono liberi di esprimersi, nei programmi sul calcio, invece, si finisce a fare sempre le stesse domande e ad avere le stesse risposte». Per restare nel solco della tradizione, ho pronta una domanda che non ti ha mai fatto nessuno: quali sono i tuoi colleghi prediletti, i tuoi «ispiratori»? «La Gialappa' s, Bonolis, Fabio Volo, Claudio Lippi, Corrado... e Vianello! Vianello mi piaceva da impazzire. E anche Celentano!». Stai scrivendo una sit-com per Sky. Vuoi fare una specie di «Casa Vianello»? «(ride) No, non c' entra niente. Comunque dovrà far ridere, alla fine le sit-com che hanno più funzionato sono Boris e proprio Casa Vianello». Sei un grande fan degli Anni 90. Potendo scegliere a piacimento, chi preleveresti da quell' epoca per fare il giudice a X Factor? «Mmm... Ca**o la maggior parte sono morti...». Anche un morto va benissimo! «Guarda, l' altro giorno ero in macchina con un amico, stavamo ascoltando i Nirvana e dicevamo "grande Kurt Cobain!". Poi abbiamo ragionato su quanto il fatto che sia morto abbia contribuito a renderlo leggenda. Magari sarebbe finito come altri a fare i talent in tv, anche se è tutto il contrario rispetto a quello che aveva predicato. Sì dai, vorrei Cobain». E il giudice preferito di tutte le «tue» edizioni? Non dirmi «un po' tutti». «È come per la pagelle di Maurizio Mosca, te le ricordi? Ognuno ha una peculiarità in cui primeggia. Però direi che quello che ha più cose in comune con me è Fedez». A social network come sei messo? «Sono stato tra i primi a scoprire Twitter ma ora lo uso poco, meglio Instagram. Però di Twitter conosco un trucco che mi ha svelato James Blunt: se ti interessa scovare quelli che ti insultano non devi guardare le "menzioni", ma devi solo cercare il tuo nome. Chi ti insulta non ti tagga mai. Ogni tanto li "stano" e rispondo». I cosiddetti haters, gli «odiatori», insomma. «Io sono fortunato perché raramente mi rompono il ca**o, in generale però non mi danno fastidio quelli che scrivono "sei un cretino", semmai quelli che pensano di essere simpaticissimi e non lo sono». Torniamo a piombo su X Factor. Cosa pensi dei cantanti che passano da qui e poi scompaiono nel nulla? «Non è facile, si presentano al provino, si ritrovano in una dimensione clamorosa, vengono aiutati... ma poi la vita vera inizia il venerdì dopo la finale e tutto si complica, perché altrimenti avremmo 12 pop star ogni anno». C' è una pop star tra i concorrenti di quest' anno? «I Maneskin hanno la faccia come il culo tipica delle pop star, Enrico ha un altro genere di sensibilità e tutte le carte per trovare il suo spazio, anche Licitra è la "pop star disegnata", sono tutti strutturati». Lo pensavi anche dei vincitori del 2016, i Soul System? «Sì, loro sono degli "animali" sul palco, poi però dipende da che canzoni fai... Durante X Factor la gente dice "ah che bello Damiano!" (il frontman dei Maneskin ndr), poi però devi passare in radio, la gente deve comprare il disco. Insomma, è tutta un' altra cosa». Ballerai al Forum? «Quest' anno canto. Voglio rendermi ridicolo a 360 gradi». Se ti chiamasse Maria De Filippi per Amici ci andresti? «Mai dire mai, ma credo che la mia esperienza con questo ambiente "talenteggiasco" finirà con X Factor. Non mi ci vedo tutta la vita a fare questo genere di programma. Però oh, la strada è lunga...». Vogliamo dire qualcosa di politica o non ti interessa? «Poco». Torniamo alle cose importanti allora: Icardi è un bravo capitano o, come si dice, «deve crescere»? «No no, Icardi è un gran capitano! Non so cosa altro dovrebbe fare: è serio, gli piace la bella vita ma riesce a coniugarla con lo sport. Le critiche mi sembrano tutte pretestuose». Allora chiudiamo con una puttanata ad hoc. Ti puoi giocare solo un ringraziamento: ringrazi Luca Tommasini come vuole la tradizione o l' autore del rigore decisivo contro il Pordenone, Yuto Nagatomo? «Yuto, Yuto...». di Fabrizio Biasin

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