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Renzo Arbore, il clamoroso sfogo: "Come mi ha trattato davvero la Rai"

Alessandra Menzani
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Et voilà, dunque siamo tornati alla telegenia dell'intelligenza. Lo speciale Indietro tutta 30 e lode su Raidue fa il botto d' ascolti - 19,2% di share, stracciati i concorrenti - e Renzo Arbore diventa catarifrangente come le sue giacche. Arbore, allora non è vero che in Rai l'avevano scambiata per «un vecchio rimbambito» (come da lei confessato). Che succede? «Che in Rai, mo', è un casino, nessuno si aspettava questo risultato. Tutti pensavano ad un' operazione nostalgica fra vecchi reduci, io e Frassica, roba da 6%, massimo 8%; invece abbiamo presentato - e regalato - alla Rai un format dove la scommessa era unire due generazioni, i figli e i genitori. Mettici pure i nonni, và. Mi viene da sorridere se pensi che ho passato mesi a chiedere udienza a Viale Mazzini. Li ho presi quasi per sfinimento». Ora, invece, lei è stato trend topic su Twitter, i siti pullulano di commenti tutti positivi (per un giorno ha cancellato gli haters, gli odiatori della tastiera). E in questo momento sto contanto, in sottofondo, uno squillo ogni trenta secondi dal suo telefonino. Ripeto: Arbore, che accade? «Bè, sai come quella storia degli italiani e il carro del vincitore? Noi stiamo facendo quest' intervista dopo una mia previsione taumaturgica; ti avevo detto "ne parliamo dopo il botto d' ascolti"». Vero. Ma come ha capito che i giovani in studio e a casa avrebbero apprezzato le Ragazze Coccodè, le ballerine del Cacao Meravigliao, i finti collegamenti con i fantasmi di Montanelli e Biagi, roba di trent' anni fa... «Me ne sono accorto dall'unica giornata di prove con i ragazzi, per testare le canzoni e la tessitura del programma; con Frassica abbiamo provato la solita tecnica del cazzeggio; ogni battuta andava a segno e loro ridevano, applaudivano. Ho visto nei loro occhi la scintilla. Sono intelligenti, mi fanno domande sulle "Telecrazia" e sanno cosa muove il business televisivo. Mi sono accorto di loro all' università dello Spettacolo, alla Sapienza. Ma tutta 'sta risonanza è solo perchè forse gli sono stato consigliato dai genitori: "guardatevi Arbore" e a forza di dài e dài, qualcosa è rimasto...». Però il suo criterio qualitativo è il «meno siamo meglio stiamo». Quindi: dove ha sbagliato? «In effetti me lo sto chiedendo anch' io. E un po' mi spavento, però dopo penso: che mi frega, in fondo io c' ho ottant' anni... Ciononostante, si spara ancora 50/60 serate di concerto all' anno, tutte esaurite, con l' Orchestra italiana, repertorio swing e napoletano... «...E aggiunga che ho fatto 'sto disco, sempre taumaturgico, Esattamente come tu, primo nelle classifiche degli autogrill che sono importantissime...». Rivedendo il suo esilarante sketch con Massimo Troisi scambiato per Rossano Brazzi e le gag con Frassica mi sono chiesto: ma esiste, con voi, un canovaccio? «No. Tutto totalmente a braccio, sono automatismi. Non ti dimenticare che abbiamo fatto così 65 puntate di Indietro tutta, è roba rodata. La tecnica è sempre la stessa, a casa come davanti alla telecamera: noi amici - Roberto D' Agostino, Mario Ferrini, Marisa Laurito, ecc- ci incontriamo e cominciamo a dire cazzate. È il cazzeggio che si trasforma in una jam session di parole. Noi facciamo jazz, gli altri fanno pop». Il jazz è colto. Ma queste sono cifre d' ascolto molto pop. «Guarda che cazzeggio non vuol dire superficialità. Una volta al cineforum si diceva: "Qual è il messaggio?". In Indietro tutta c' erano pure i messaggi: l' eccessiva ingerenza degli sponsor sul prodotto tv col Cacao Meravigliao; le donne ingaggiate solo col sedere di fuori e con ruoli ornamentali, i "bravi presentatori" che parlano per ore senza dire nulla. La gente ha bisogno di inalare divertimento e spensieratezza, senza volgarità». Cazzeggio come cifra stilistica. E dire che su Canale 5, contemporaneamente, c' era Checco Zalone, che ha elevato la parolaccia a forma d' arte... «Bravissimo. E io, essendo talent scout apprezzo il talento. In tv, per dire, mi guardo quelle cose che hanno a che fare col talento, Amici, Tu si que vales, X Factor. Ma pure Nemo, o la satira politica di Zoro. Mi spiace solo, certo, che la mia televisione di Stato abbia perso dei talenti per strada, Floris, la Gabanelli, Giletti, diciamo che si sono distratti un attimo...». di Francesco Specchia

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