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Fabrizio Frizzi: "La vita si assottiglia, non sono guarito del tutto. E in trasmissione..."

Andrea Tempestini
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Una seconda, toccante, intervista. La seconda in pochi giorni, quella rilasciata da Fabrizio Frizzi al Corriere della Sera, a pochi giorni dai suoi 60 anni, che compirà il 5 febbraio. Si parla del malore, ovviamente, e gli chiedono se questo compleanno è un traguardo: "Fino al 23 ottobre scorso - risponde il conduttore de L'eredità -, giorno in cui sono stato colpito dall'ischemia, pensavo ai miei 60 anni come a un'età ideale, in cui sei maturo, puoi fare le scelte giuste, pur sentendoti ancora fresco e giovanile. Dopo il 23 - aggiunge -, la visuale è leggermente cambiata: a questa età si entra in un imbuto che restringe l'orizzonte, vedi la vita assottigliarsi, ammasso che la vita continui, si fanno valutazioni importanti sul vivere i rapporti che contano, non disperdi più il tempo, si privilegiano le cose fondamentali. Sì, è un bel traguardo, tuttavia continuo a essere un entusiasta e non rinuncio a sperare di riprendere un'esistenza piena di forza, anche se con le gambe un po' fiaccate". Leggi anche: Frizzi da lacrime: "Perché non voglio farmi vedere in giro" Frizzi parla ancora delle sue condizioni: "Ora non sono guarito del tutto, ma l'aver ripreso il lavoro, una vita simil-normale, mi dà una carica di adrenalina che è una terapia aggiunta a quella medica. È come se, a ogni puntata, mi si installasse un motore iper-turbo". E ancora: "Certo, speravo che il processo di guarigione fosse più veloce, ma capisco che devo rispettare gli ordini dei bravissimi clinici che mi seguono: ogni tanto mi bacchettano per la mia foga di sbrigami, ci vuole il tempo necessario". Dalle parole del conduttore emerge tutta la sua preoccupazione. Gli chiedono se sia cambiato il suo modo di condurre L'eredità, e risponde: "Assolutamente sì. In teoria, sono nelle condizioni peggiori per condurre un gioco divertente, ma la voglia di giocare e di far giocare i concorrenti e il pubblico da casa supera ogni ostacolo fisico e mi sorprendo a scherzare, a motteggiare con loro come prima non facevo: la malattia è diventata paradossalmente un valore aggiunto, un arricchimento del lavoro", conclude.

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