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Loro, il film di Paolo Sorrentino su Silvio Berlusconi? Non rivela nulla, ma è diviso in due capitoli per incassare di più

Davide Locano
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Silvio Berlusconi compare dopo un'oretta di orge (non sue) , travestito da odalisca. Il sorriso da marito inquieto è accompagnato da un mazzo di fiori. Lo sguardo immerso nel fard cerca d'arrampicarsi su quello di Veronica Lario/Elena Sofia Ricci la quale non lo perdona, preferendo la lettura di un libro di Josè Saramago (L'uomo duplicato sul tema del doppio: c'è sicuramente una metafora ma mi sfugge...). Nella roboante ed estetizzante prima parte di Loro, il film di Paolo Sorrentino sull'intensa vita sessuale del Berlusca e della sua felliniana corte dei miracoli, non emergono, oggettivamente, attacchi all'ex premier. Anzi. Direi che fa quasi tenerezza il Silvio fedifrago seriale che riconquista la moglie con la serenata di un vero Fabio Concato convocato a Villa Certosa - accanto a un depresso Apicella, il cantore ufficiale-. Nella villazza di fronte alla sua il faccendiere Sergio Morra (cioè Tarantini) se la gode tra sesso, eserciti di mignotte trasferite apposta in Sardegna e cocaina in quantità da impanarci le cotolette. Ma Silvio/Toni Servillo, nulla. Non fa un plissè, non sente come dice lui il richiamo «della figa». Preferisce lasciarsi ossessionare dalla voglia di tornare a Palazzo Chigi e dal ricordo dei giorni della visita di Putin; e dà lezioni di comunicazione al il nipotino: «Il nonno non ha pestato una cacca, è solo una zolla: la verità è frutto della convinzione del tono con cui la stai affermando...». MOLTE ASTUZIE Il film di Sorrentino è molto astuto, è un lavoro di cesello. Nonostante la lunghezza sfiancate -2 ore a puntata, roba da Via col Vento- rinvia alla seconda parte, il 4 maggio, lo scandalo Olgettine, la vicenda Noemi Letizia-qui solo accennata-, il caso D'Addario. In questa tranche di film lo spettatore può solo divertirsi ad indovinare le situazioni e i personaggi: la sexy Kasia Smutniak che fa l'ape regina Began, o una tale “Violetta Saba” che presumibilmente è Virginia Saintjust la donna che causò la prima pubblica rottura con Veronica. O Fabrizio Bentivoglio che interpreta un politico porcello metà Cirino Pomicino metà Bondi dalle camicie terrificanti indossate «per il bene del made in Italy»: «Lui ci ha dato forza economica e entusiasmo ma non basta più». Loro, ovvero «quelli che contano», sono gli altri. Quelli che girano intorno al Berlusca e lo corromperanno, in futuro gentilmente ricambiati. Da Scamarcio che fa il prosseneta («É dura la vita quando non sai fare un cazzo») sui bordi di una piscina presa a nolo in giù, il film è tutta una sfilata d'umanità amorale: nani e ballerine, sottobosco di potere, tipi da Roma godona che irrompono in una Grande bellezza inquadrata assieme ai ratti del Tevere, mentre un rinoceronte attraversa di notte l'Eur come in una pièce di Ionesco. Poi, nello snodarsi della narrazione, il grottesco prende il sopravvento. Frullano le immagini delle televendite di un Mike Bongiorno tra i quiz e i prosciutti interpretato da Ugo Pagliai (!) ; di un agnello belante che rimane fulminato, a causa della temperatura da terapia criogenica imposta dal condizionatore; di un misterioso «uomo che sa», silenzioso attaché berlusconiano in grado di nascondere chissà quali segreti. Sorrentino, è tecnicamente inarrivabile. Lo è sempre stato. Quando fece Il Divo furono le sue inquadrature americane sul gibbo di Andreotti a stroncare definitivamente la carriera al Divo Giulio. SENZA RABBIA I berlusconiani accesi non potranno accendere la loro rabbia preventiva per questo film. Forse lo faranno, ingolositi, dalla seconda puntata. Semmai, da un punto di vista del racconto politico ci si può chiedere se dopo anni di cassa mediatica, reportage, processi, documentari, sia ancora necessario tornare su una vicenda sviscerata all'impossibile. Cui prodest? E, specie in un momento di declino per il vecchio Silvio, quanto influirà l'esprit artistico di Sorrentino sul destino del centrodestra italiano? Ah, saperlo... di Francesco Specchia

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