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Mauro Corona choc dalla Berlinguer: in frac in diretta? Meglio sui monti

Cristina Agostini
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Grande e profondo come i laghi del Carso dev' essere, in questi giorni, il senso di disagio degli stambecchi delle Dolomiti che s' imbattessero in Mauro Corona con addosso lo smoking e gli occhiali scuri alla Ray Charles. Lo stesso vibratile imbarazzo che ha provato Bianca Berlinguer mentre, l'altra sera, nel programma Cartabianca accoglieva, in collegamento, l'opinionista/scultore/scrittore. Il quale, per la prima volta, svettava in papillon, straordinariamente senza bandana, senza camicia straccia da boscaiolo e schegge lignee conficcate nelle ditone nodose a cocciuta dimostrazione che si può scrivere un best seller solo intagliandolo a mani nude nella buccia di faggio. FORZA CROZZA La Berlinguer, a quella vista, tirava il sospiro tipico della signora che - deo gratias - non deve chiamare la colf per disinfettare l' ambiente. Ma Corona le rispondeva d' aver indossato lo smoking per la prima volta nella vita «per conquistarla, ma metta nelle teche Rai questo agghidamento perché nessuno mi vedrà mai più così. L' avevo serbato per il Nobel, quest' anno che lo vincevo non l' assegnano...». Ora, al di là dell' intervista allo scrittore, i cui contenuti sfuggono alla memoria dei posteri, la suddetta scena è la dimostrazione che Mauro Corona ha definitivamente capito come funzionano i meccanismi dello star system televisivo. Anche troppo. Non che prima non l' avesse intuito, intendiamoci. Se Maurizio Crozza sta spopolando nella caricatura del Dinamite Bla della letteratura italiana significa che la presenza consustanziale di Corona ai talk show è entrata con prepotenza nell' immaginario collettivo. I suoi libri meno. Ma non è quello che conta. Crozza, imitando Corona, dimostra d' essere un' incisione rupestre di pura malvagità. Il suo Corona afferma di odiare le convenzioni nel mito rousseviano del buon selvaggio. Qualche battuta rapace: «Non dirmi buonasera, è un orpello, una convezione borghese». Oppure: «La verdura io la bruco nel terreno, senza piatti, magari incontro una talpa e me la mangio. Ha mai provato a scoparti un alveare, con tutte le api che ti pungono?..». O anche: «Chi mangia con le posate è vittima del sistema, molto meglio mettere la bocca direttamente nel culo della gallina». Oppure: «Basta con i citofoni, io chi suona a casa mia, io lo devo ricoscere dall' odore, non dovete lavarvi!». Ecco. Quel Corona consacrato da Crozza esalta l' originale. E l' originale odia gli stilemi, i ricchi, la politica e le gabbie sociali; e lamenta di essere ignorato dall' editoria dei «convenitori a favore perché scrivo di boschi, bevitori, montagne, torrenti, aria e bracconieri»; e predica il ritorno alle piccole cose e all' eremitaggio dello spirito. Poi, però, più lo osservi e lo leggi e più t' accorgi che il Corona è furioso soltanto in superficie. E che, critica critica, eppure non fa mai nomi; e che pubblica con grandi case editrici (prima Mondadori ora Chiarelettere col romanzo Quasi niente); e che si produce in epigrafi roboanti e banalotte («Credo che l' uomo non sarà mai felice finché desidererà quello che non ha»), spacciate dal marketing editoriale per illuminazioni romanzesche alla Dino Buzzati. E scopri perfino che il Corona è tutt' altro che un anacoreta, con quattro figli da mantenere, di cui uno aspirante scrittore di successo. Non che tutto ciò sia un male, anzi.  Ma il mito del ribelle, dell'«ertano che viene dai boschi e dalla miseria» - come si descrive lui- pieno di rabbia e di lanugine, alla fine, frana sul banale quotidiano. NON È KEROUAC - Sicché alla fine percepisci che Mauro Corona non è Jack Kerouac o Gary Snyder, poeti villosi che prendevano a cazzotti i giornalisti. E che, quando lo scrittore boschivo si materializza in ogni trasmissione televisiva e gigioneggia come se dovesse prendere a martellate il cameraman ma in realtà, affogato nel narcisismo, non lo fa mai; be', in quel preciso momento, capisci che il Corona non combatte il sistema. È diventato il sistema. E il suo riscatto dalla «vita di merda» in fondo passa dalla tv, dall' oblò del diavolo. E la morale è che lo smoking e il cravattino, oramai, restano uno choc solo per gli stambecchi... di Francesco Specchia

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