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Massimiliano Allegri, Luciano Moggi: per una volta è il mister della Juventus ad avere tante colpe

Andrea Tempestini
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Dopo due anni di imbattibilità la Juve cade proprio allo Stadium, dove sembrava invincibile: un ko pesante, complice l'ottava vittoria su otto del Napoli. A farle lo sgambetto è stata la Lazio di Simone Inzaghi, una squadra sbarazzina, salita a Torino senza timori reverenziali. Si potrebbe parlare di malasorte, quando ad esempio Strakosha, con la Juve in vantaggio, sbagliava il rinvio colpendo Higuain e la palla sbatteva sulla traversa per poi tornare nelle mani del portiere laziale; si potrebbe anche ricordare il palo colpito da Dybala o il rigore sbagliato dallo stesso argentino. Ma sarebbe un torto per la meritevole truppa di Inzaghi: sono stati piuttosto la Juve e il suo mister a toppare. Ha sbagliato la Juve perché, dopo l'1-0, ha dato l'impressione di voler amministrare più che chiudere la gara, dietro sollecitazione del mister. Sembrava quasi che avesse timore di essere ripresa e, ad oggi, si trova in difficoltà a causa della forma precaria di alcuni giocatori - Higuain si marca da solo - e delle deficienze difensive: con 7 gol presi la retroguardia è la quarta del torneo. Il Max queste negatività continua a chiamarle «cali di tensione», noi la pensiamo diversamente. Non è più il tempo in cui la Juve segna e poi irretisce l'avversario con il possesso palla. Negli uno contro uno si scopre più di una falla: sembra che la carta di identità di Barzagli abbia detto stop e Chiellini e Buffon non bastino più. Bentancur, 20 anni, non ha ancora mestiere per proteggere la difesa e far ripartire l'azione. Si è persa insomma la sicurezza nei reparti che Dybala ha saputo spesso mascherare. Eppure Paulo in una partita così importante è stato in panca fino al 20' del secondo tempo ed è entrato quando la situazione è diventata pericolante. Forse Max pensava si ripetesse il miracolo visto contro il Chievo quando Dybala, mandato in campo a metà ripresa, riuscì da solo a domare i veronesi. Ha invece impressionato la Lazio con Lucas Leiva, Milinkovic, Lulic e soprattutto con Luis Alberto: con le sue verticalizzazioni ha saputo mettere Immobile davanti a Buffon e Ciro, di nuovo il migliore in campo, non ha fallito. Roma-Napoli ha nel frattempo consacrato i partenopei, oggi la loro difesa è prima a pari con Inter e Roma, mentre l'attacco (26 reti) è il migliore. Impressiona per il suo gioco e per come sa imporlo: stanca l'avversario con il possesso palla e, con velocità di manovra e verticalizzazioni, trova la via per segnare. A San Siro, nel derby della Madonnina, prevale l'Inter con un rigore al 90'. Primo tempo tutto nerazzurro, diverso il secondo, che ha visto un Milan rivitalizzato recuperare per ben due volte. Un pari sarebbe stato forse il giusto risultato. La differenza si spiega con la presenza in campo di Icardi e Perisic tra i nerazzurri mentre dall'altra parte si sono contrapposti André Silva e Suso ad una difesa, quella interista, che ha subito solo 5 gol contro i 13 di quella rossonera. Abbiamo sempre detto che l'Inter era da attenzionare, lo ripetiamo adesso più che mai ritenendo che si sia inserita a pieno titolo nella lotta per il campionato. L'incontro di sabato al San Paolo ci dirà se le nostre previsioni potrebbero avere una logica, tenendo anche presente che il Napoli è impegnato stasera in Champions contro il City di Guardiola (fatica non da poco), mentre l'Inter potrà preparare la partita con tranquillità essendo fuori da tutte le coppe. Ma sarebbe un grave errore togliere anche la Juve dai giochi. di Luciano Moggi

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