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Milan, dagli Usa il siluro sul padrone cinese Yonghong Li: "Le sue miniere non esistono"

Giulio Bucchi
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Il mistero di Yonghong Li, il padrone cinese del Milan, varca anche l'Oceano. Il New York Times ha pubblicato un lungo articolo-inchiesta sugli affari, gli investimenti e i fondi di Mister Li, l'uomo che ha prelevato il club rossonero da Silvio Berlusconi lo scorso aprile per 770 milioni di euro complessivi dopo un closing travagliato e che ora dovrà ridare al fondo americano Elliott i 300 milioni ricevuto in prestito entro un anno. Yonghong Li, secondo il prestigioso quotidiano newyorkese, è il simbolo dei problemi della finanza cinese. "Nessuno aveva mai sentito parlare di lui, in Italia e in Cina - scrive il NY Times -, non è mai stato nominato nella lista degli uomini più ricchi del suo paese. Il suo impero, descritto agli ufficiali della federazione italiana, è stato indicato in possedimenti minerari". Bene, secondo i giornalisti americani quelle miniere non esistono. O meglio, ci sono ma non sono di Mister Li. I giacimenti di fosfati a Fuquan, città della provincia di Guizhou, sono della Guangdong Lion Asset Management, società di investimenti posseduta da quattro persone diverse nell'ultimo anno, e ogni passaggio sarebbe avvenuto senza contropartita di denaro, in un quadro dunque ben poco trasparente. Soprattutto, nessuno dei quattro proprietari era Yonghong Li. 

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