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Donnarumma, vittima del suo bullismo: i genitori tacciono, quel brutto sospetto

Giulio Bucchi
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La questione Donnarumma è come la telenovela Dynasty, solo che in questa storia non limona nessuno. La riassumiamo brevemente (si fa per dire): Donnarumma è un giovane portiere del Milan, gioca in Primavera anche se ha solo 16 anni e pochi mesi, tutti sanno che è fortissimo, un giorno Mihajlovic decide di schierarlo al posto dell' imbarazzante Diego Lopez, tutti dicono «ma Sinisa è impazzito?», Gigio da quel giorno diventa titolare, moltissimi gli mettono gli occhi addosso ma il giovine è già sotto il controllo di Mino Raiola, il Milan che sta virando da Berlusconi ai cinesi sa che la vicenda «contratto a Gigio al compimento dei 18 anni» è centrale, la questione viene affrontata dalla nuova dirigenza targata Fassone-Mirabelli, viene fuori un troiaio che metà basta tra «il contratto si fa, anzi no» (Rifiatiamo. Pronti? Via). Raiola vuole portarlo in altra squadra perché non si fida dei cinesi, Gigio non parla, la famiglia neppure, i tifosi del Milan Club Cracovia tirano dollari finti alle spalle di Gigio (i famosi «Dollarumma») durante l' Europeo Under 21, il portiere pubblica un post in cui scrive «amo il Milan», ma l' entourage ritratta dicendo «è stato un hacker», il ragazzo torna in Italia, Montella va a parlare col babbo del portiere a Castellammare, si trova un accordo col club nonostante il parere negativo del procuratore, il contratto viene prolungato fino al giugno 2021, contempla una clausola rescissoria da 70 milioni in caso di qualificazione alla Champions (o 40 senza), l' ingaggio è fissato a 6 milioni di euro netti, un ulteriore milione viene concesso al fratello Antonio (portiere a sua volta), alla presentazione tutti sembrano felici, tutti tranne Raiola, che non si fa vedere, abbozza e rispunta l' altro giorno. (Rifiatiamo. Pronti? Via). L' altro giorno esce questa indiscrezione, prima da Sky e poi dal Corriere: la clausola non sarebbe stata depositata, Raiola chiede l' annullamento del contratto per presunte pressioni psicologiche subite da Gigio al momento della firma, il ragazzo tace, la sua famiglia pure, i tifosi si incazzano e mostrano uno striscione durante Milan-Hellas di mercoledì il cui succo è «vattene», Donnarumma piange, viene consolato da Bonucci, torna a parlare alla festa di Natale dei piccoli rossoneri («Tifo il Milan!»), i tifosi si inventano l' hashtag #gigiomollalo (nel senso di Raiola), la società dice «nessuno ci prenderà per il collo». Ed eccoci al post sui social di ieri sera: «Non ho mai detto né scritto di aver subito violenza morale quando ho firmato». Sembra una smentita della "linea Raiola", anche se il comunicato dell' agente uscito in serata conferma il saldo rapporto con il ragazzo. Nel caos generale, tutti hanno fatto il loro mestiere: i buoni, i cattivi, i tifosi, persino i commentatori. Tutti tranne papà e mamma. Dove sono il signore e la signora Donnarumma? Gigio è ormai maggiorenne, ma sappiamo anche che in presenza delle lacrime (le abbiamo viste) di un 18enne una famiglia non può far finta che sia tutto «normale». Questa faccenda non è normale: non è normale che Donnarumma sia sballottato tra la volontà di fare il portiere al Milan e le pressioni di chi gli promette un contratto migliore da altra parte (10 milioni al Psg?); non è normale che babbo e mamma non dicano «tra un contratto da milionario e un altro da multi-milionario scegliamo il primo, anche solo perché evita a nostro figlio di ritrovarsi sotto una pressione psicologica devastante». La stessa pressione che Raiola imputa al Milan, con la differenza che all' epoca il giovanotto se la rideva serenamente e oggi, invece, pare sotto un treno. Ps. In un mondo normale il Palazzo del calcio sarebbe già intervenuto: un agente che a metà stagione decide di creare siffatto trambusto a un club? Stiamo scherzando? Ma, come detto, parlavamo di «mondo normale». di Fabrizio Biasin

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