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Milan, per superare il 2018 il club deve trovare mezzo miliardo di euro

Andrea Tempestini
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Se la nuova gestione sul campo targata Rino Gattuso sta dando i primi risultati, quella societaria, guidata dall'uomo d'affari di Hong Kong, Yonghong Li, continua a portare solo brutte sorprese ai tifosi del Milan. A ridosso del Natale c'era stata la bocciatura dell'Uefa, un secco no alla richiesta di voluntary agreement rispetto ai numeri di bilancio: le sanzioni (mercato limitato, rosa ridotta ecc.) arriveranno in primavera. Adesso, a poche ore dalla Befana, sta per cadere un altro carico di carbone sul capo dell'ad Marco Fassone. Leggi anche: Milan, addio all'ultimo eroe dell'era Berlusconi La trattativa in esclusiva (che scadrebbe proprio il 6 gennaio) con Hps Investment (costola di Highbridge-Jp Morgan) per rifinanziare il debito da 308 milioni con il fondo Elliott sarebbe saltata. La notizia riportata dall'Ansa non è stata smentita né dal fondo né dallo stesso Milan e soprattutto avrebbe una storia diversa rispetto a quella evidenziata dall'agenzia di stampa. A quanto risulta a Libero, infatti, il problema con Hps sarebbe lo stesso riscontrato con gli altri attori finanziari consultati dai dirigenti rossoneri negli ultimi mesi (Goldman Sachs e soprattutto Jefferies e Merrill Lynch). Tutti disponibilissimi a valutare il rifinanziamento dei 128 milioni di debiti che fanno capo all'AC Milan (che portano in garanzia il Milan stesso), ma nessuno disposto ristrutturare i 180 prestati da Elliott alla Rossoneri Sport Investment, la scatola lussemburghese con la quale Li controlla il Milan. Le garanzie sul patrimonio di magnate di Hong Kong evidentemente non convincono. Ma non solo. L'affaire si ingrossa perché più passano i giorni e più le esigenze di cassa del Milan aumentano. Al punto che ad oggi difficilmente la società di via Aldo Rossi potrebbe chiedere al mercato una cifra inferiore al mezzo miliardo di euro per “scavallare” il 2018. Ai 380 dovuti a Elliott (308 più interessi e costi vari) vanno aggiunti i 50 e passa per la gestione ordinaria del club (il Milan ha un monte ingaggi di 117 milioni) e altri 50 per pagare il mercato dilazionato in più anni dello scorso anno. Domanda: dopo i no ricevuti da alcuni dei principali player finanziari e i dubbi avanzati dall'Uefa sulla consistenza del patrimonio di Yonghong Li («ci sono ancora incertezze sulle garanzie finanziarie del principale azionista») quale altro fondo sarà disposto a dare credito a questa proprietà? Resterebbe un'altra soluzione, quella percorsa in passato da Schalke 04 e Manchester United e di recente con successo dai cugini dell'Inter. Andare sul mercato e chiedere denaro con un super-bond a 5 anni. Ma è molto difficile, se non impossibile. A parte la cifra monstre, infatti, le obbligazioni sarebbero emesse dall'AC Milan che però non può distribuire dividendi perché negli ultimi anni non ha riportato utili e di conseguenza non ha costituito riserve patrimoniali. In soldoni: con i finanziamenti eventualmente raccolti (per dire, i bond dell'Inter sono stati acquistati anche da Blackrock e Norges Bank) l'AC Milan non potrebbe coprire il prestito a monte, quello che fa capo alla Rossoneri Sport Investment di Yonghong Li. E saremmo di nuovo al punto di partenza. Morale della favola: mai come adesso tutte le strade portano a Elliott. Se entro il 15 ottobre 2018 Li non ripaga il prestito, infatti, il Milan finirà nelle mani dell'hedge fund di Paul Singer. A meno che non si rifaccia vivo il socio cinese (Hauarong) che ha finanziato buona parte dell'operazione di Li. Ma con la stretta alla fuoriuscita dei capitale arrivata da Pechino si tratta di un'ipotesi davvero complessa. Una delle tante grane che Fassone dovrà affrontare nel suo imminente viaggio in Asia. di Tobia De Stefano

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