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Torino, dove è finito il vecchio cuore granata? Il dubbio sulla squadra...

Andrea Tempestini
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Stavolta, la teoria di scansarsi davanti al Tir bianconero in corsa non l'ha tirata fuori nessuno. Per una questione di rispetto per una storia unica, una tifoseria unica, una maglietta che sta almeno in un angolino di cuore di tutti gli italioti sinceramente appassionati al calcio al netto degli estri di campanile. Per una ovvia questione di incredulità. Però il Torino - per una volta meglio chiamarlo col suo nome, lasciamo perdere il Toro - a suon di cifre è la squadra più agevole per la Juve padrona d'Italia da tanti, troppi campionati. Leggi anche: "N'Koulou attento dietro...": cosa? Un titolo pazzesco Altro che Atalanta, altro che Sassuolo, provinciali legate a Madama in tempi lontani e recenti e accusate (a torto) di fare le morbide nei confronti con la Signora in corsa per gli scudetti. Un - uno - derby vinto in campionato dal 1995 ad oggi, 23 anni e 24 partite, come dire che un tifoso granata già intorno alla trentina ha conosciuto solo nel 2015 (2-1) il sapore forte, buono del successo contro i rivali più odiati. In questa stagione, tre stracittadine: punteggio totale 7-0 per i campioni d'Italia, e neanche il jolly dell'immediato ko di Higuain ha evitato il rovescio nell'ultimo appuntamento di domenica. Anzi. Dopo lo svantaggio, ecco un Torino da compitino, mai capace di mettere alle corde una Juve normale, tiri in porta nella ripresa, uno. È stato definito “ordinato”, aggettivo che sta agli antipodi del “tremendismo” caro alla letteratura granata, la voglia matta e spesso cieca, autolesionista sfoderata quando davanti c'era il bianconero a strisce. Torino non trova più il Torino in quel giorno lì, quello della sfida alla squadra e alla società che quasi sempre - l'eccezione sono gli anni dei Campioni poi finiti a Superga - è stata più ricca di danari, di campioni, a volte anche di aiutini. Che contavano ben poco quando Pulici entrava in campo pulendosi le scarpe sulla bandiera bianconera piazzata all'uscita del tunnel del Comunale, o quando dentro quello stesso tunnel Beruatto si affiancava a Tardelli - che si apprestava a marcare - estraendo dai pantaloncini una sua figurina e accartocciandogliela davanti agli occhi. E poi dentro, a giocarsela, uscendo vincitori o comunque vivi, consci di avere fatto battere il cuore Toro. Retorica? Passato remoto? Può darsi. Il Torino società è in salute come mai da 30 anni a questa parte, la squadra alla resa dei conti fa il suo. Però il Toro manca, di brutto, e specie i non-granata se ne accorgono proprio nel giorno che una volta era di gloria. Forse manca persino agli juventini. di Andrea Saronni

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