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Davide Moscardelli, bomber sindacalista: "L'Arezzo non paga? Scioperiamo"

Andrea Tempestini
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L'Arezzo Calcio è sull'orlo del fallimento e il capitano e simbolo della squadra, Davide Moscardelli, sceglie una metafora per riassumere l'intera vicenda: «È finito il carnevale, sono venute giù le maschere». La resa dei conti con la società culmina sabato scorso, alla vigilia di Pontedera-Arezzo (trasferta pagata dagli stessi tesserati), con la squadra intera di fronte alla stampa, il giorno dopo la scadenza del termine ultimo per saldare gli stipendi arretrati (a partire da novembre). Nella lettera letta dal 38enne piovono accuse verso la società, presieduta da Marco Matteoni, subentrato a Mauro Ferretti con la Neos Solution lo scorso novembre ereditando un debito di circa 2 milioni. I ritardi nei pagamenti condanneranno la squadra all'ennesima penalizzazione in classifica (il -3 diventerà -11, terzultimo posto virtuale) ma soprattutto al rischio di fallimento sulla scia di Modena e Vicenza (quest'ultima ancora in attività sotto la guida del curatore De Bortoli). La protesta si concretizza con un preavviso di sciopero, che partirà domenica in occasione di Arezzo-Livorno se i pagamenti non avverranno. Oggi, intanto, il segretario e il vice segretario della Lega Pro e l'ufficio legale incontreranno ad Arezzo l'assessore allo sport, il sindaco, i dipendenti del club e la squadra. Entro la fine della settimana si decide il destino di una società di cui Moscardelli è diventato simbolo E pensare che Moscardelli oggi sarebbe potuto essere altrove. Nel mercato di riparazione è stato insistentemente cercato dal Pisa, ma è rimasto nonostante la situazione societaria. L'ha fatto principalmente per i tifosi (in 300 a Pontedera sabato scorso), un tutt'uno con la squadra e con il Mosca stesso, idolo indiscusso soprattutto per i gol, 11 quest'anno e 18 l'anno scorso. Lasciare la barca non è nel suo stile: «Quando comincio una cosa, mi attacco. E poi è difficile cambiare idea», ha svelato a gianlucadimarzio.com. Solo nell'autunno 2016 prometteva che, in caso di promozione in B (poi sfumata ai playoff), si sarebbe tagliato la sua iconica barba, divenuta un brand, un elemento distintivo che l'ha reso celebre sul web. Dovremmo dire suo malgrado, visto che quel look trasandato testimonia un'indole da antidivo, da uno che nel calcio non ha cercato la fama, ma il divertimento. di Alberto Neglia

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