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Ivano Beggio, è morto il pioniere delle moto: una vita in sella al made in Italy

Giovanni Ruggiero
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Ivano Beggio se n' è andato in silenzio, stroncato da una lunga malattia a 73 anni, lui che aveva messo gli italiani in sella alle sue rumorose e colorate creazioni griffate Aprilia, frutto di quel genio versatile che nel Veneto trova spesso terreno fertile. Era un pioniere, Beggio, partendo dalla piccola Noale ha sfidato e battuto il monopolio giapponese delle due ruote, re-inventando la tradizione italiana sia nel fuoristrada sia negli scooter, mai tramontata grazie all' immortale Vespa, però ritrovatasi sopravanzata dal vento d' Oriente che, con più plastica, meno passione ma più perfezionismo, aveva spostato il gradimento popolare. Nato il 31 agosto 1944, Ivano fin da giovanissimo affianca il padre Alberto - artigiano di raro ingegno - nella fabbrica di biciclette Aprilia che gestisce a Noale. Nel 1968 subentra al padre e avvia la produzione di motociclette e scooter: sono i motori la sua passione, Ivano è un visionario e l' intuizione di mettere un propulsore al posto dei pedali è la svolta. LA PRIMA MOTO La prima moto a uscire dalla fabbrica rinnovata è un cinquantino color oro e azzurro, poco dopo ecco i modelli Colibrì e Daniela, la Packi, fino a quello che si fa più notare nei primi anni di nuova attività: il ciclomotore da cross Scarabeo, prodotto nel 1970, che poi più avanti si trasformerà in uno scooter tanto geniale quanto di successo. Beggio sa che le corse sono la vetrina migliore e, tanto è vincente il suo progetto, che già nel 1977 arrivano i titoli nelle classi 125 e 250 del campionato italiano motocross: perché se è vero che Aprilia portava in giro gli italiani, vincere le gare è sempre stato il desiderio mai nascosto del suo patron. Negli Anni 80 Aprilia fa boom, imponendosi come marchio leader nella produzione di motociclette di piccola cilindrata (50 e 125 cm cubici), mentre nel decennio successivo grazie ad un nucleo di progettisti e designer di successo, la Casa di Noale lancia una serie di modelli destinati alla mobilità urbana, innovativi tecnologicamente ed esteticamente: nel 1991 lo Scarabeo; nel 1992 il primo scooter e la prima moto due tempi a marmitta catalitica, senza scordare l' RX, 50 e 125 e l' RS, il PEgaso, l' Amico. È il momento della grande conferma planetaria. A metà Anni 80 Aprilia ha già assaggiato il Motomondiale, Loris Reggiani a Misano nel 1987 aveva regalato a Beggio la prima vittoria in 250, ma è nel 1992 che Aprilia Racing si veste di iride: Alex Gramigni è campione della 125, in quella squadra gestita dal ds Carlo Pernat e dal progettista tecnico Jan Witteveen: «Eravamo solo in sette, in quel team», ricorda Pernat, «una roba incredibile. Dopo Claudio Castiglioni se ne è andato anche Ivano. Per me sono stati soprattutto due grandi appassionati di moto e di corse, oltre che due imprenditori e due grandi amici. Beggio, la domenica mattina, riuniva il suo staff e insieme andavano a provare sui colli i prototipi delle moto stradali. Ricordo le riunioni: tre minuti e la decisione era presa, non come succede ora. L' unica difficoltà era che si parlava in veneto e per un genovese come me non fu facile capirci qualcosa». E, a proposito di inizi, con Gramigni parte una stagione forse irripetibile. Sulle moto di Noale si fa conoscere gente come Biaggi, Capirossi, Rossi, Locatelli, Poggiali, Melandri: tutti diventati campioni del mondo, sintesi di una perfetta alchimia fatta di capacità teniche, ingegno italico, intuizione e rapporti umani decisivi, come quella foto con Valentino sul podio di Rio de Janeiro nell' ottobre 1999. E, dalle piste, i successi si traducono in strada, con le moto replica che spopolano fra i ragazzi. Biaggi sintetizza al meglio quello che avveniva negli Anni 90: «Lui è stato una sorta di padre del racing per me e un po' matto a darmi fiducia (poi ripagata con tre mondiali 250 di fila: 94, 95, 96, ndr). Una delle tappe del motomondiale di allora era Suzuka, la pista della Honda, e il primo Gp si faceva sempre lì. Siamo riusciti a vincere al debutto in 250 battendo Honda, Suzuki e Yamaha. Non c' erano paragoni tra l' Aprilia e i colossi giapponesi: era quasi uno scherzo. Beggio era un generoso, sapeva premiare i suoi uomini, li motivava». Leggi anche: Biaggi, l'ultima gufata su Valentino: "Quest'anno può anche..." L' IMPRENDITORE Ma Ivano, oltre all' amore incondizionato per lo sport motoristico, era anche dotato di grandi capacità imprenditoriali: i numeri raccontano che il fatturato di Aprilia era passato dai 7 miliardi dell' 82 ai quasi 970 del '97. Nel 1998 entra nelle moto di grande cilindrata con la RSV Mille (moto dell' anno nel 1999), poi nel 2000 Aprilia acquisisce i marchi Moto Guzzi e Moto Laverda, e consegue numerosi successi anche in campo sportivo. Nel 2004 Beggio cede il gruppo alla Piaggio, per qualcuno «gli fu portata via», ma lo lasciarono comunque presidente onorario dell' azienda fino al 2006. Roberto Colaninno, presidente e ad del Gruppo Piaggio, è diretto quanto efficace: «Ivano è stato un visionario capace di dar vita a un sogno». di Tommaso Lorenzini

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