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Luciano Moggi, la rivelazione nel giorno d'addio di Buffon alla Juve: Del Piero? L'avevano venduto al Parma

Matteo Legnani
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Ho preferito vedermi in televisione l' ultima di campionato della Juve, la partita dell' addio di Gigi Buffon. Allo stadio hanno pianto tutti, ha pianto anche il cielo, che ha bagnato la giornata con una pioggia in verità mai fastidiosa. Mi sono emozionato soprattutto quando ho visto con quanto amore lo stadio ringraziava Gigi per aver vestito quella gloriosa maglia per 18 anni. Devo riconoscere di essere stato fortunato ad imbattermi in un uomo e in un atleta come Buffon. Ho sempre pensato che le svolte si possono dare con giocatori dotati sì tecnicamente, ma anche irreprensibili sotto il profilo professionale oltre che di carattere. Gigi era uno di questi, non mi ero sbagliato, è stato una mia grande scommessa, permettetemi di farne un vanto. Stessa mentalità che portai nel Napoli quando il presidente Ferlaino mi chiamò alla conduzione del club: vincemmo un campionato, una Coppa Uefa, una Supercoppa e una Coppa Italia. Ma la soddisfazione più grande la provai prelevando da una piccola squadra di provincia, la Torres, un uomo piccolo solo di statura ma grande dentro e grande giocatore: Gianfranco Zola. Era tanto sconosciuto che Ferlaino non volle neppure presentarlo alla stampa. Quel piccolo uomo sostituì degnamente Maradona e divenne un punto fisso della nazionale. Tra l' altro, rappresentò una risorsa importante perché, preso a 300 milioni di vecchie lire, fu rivenduto a 15 miliardi, con soddisfazione di chi vi scrive per aver saputo coniugare il fattore sportivo con quello economico-aziendale. Non cambiai modo di fare neppure nella Juve nei dodici anni di vittorie culminate con il titolo di campione del mondo per club. Mentre guardavo in tv i bianconeri contro il Verona, la mia mente ripercorreva il film dei successi ottenuti, dei grandi campioni che, grazie al nostro lavoro, avevano vestito la maglia juventina. Era il 1994, l' anno in cui arrivammo alla Juve, eravamo in tre, la Triade: chi vi scrive, Giraudo e Bettega. Problema risolto - Appena insediati dovemmo risolvere il problema relativo a Del Piero: era stato ceduto al Parma. Il giocatore in quel periodo si trovava in ritiro a New York con la Nazionale per i Mondiali, per cui dovetti prendere il primo aereo e volare negli States per tentare di riportalo "a casa". Riuscii a convincere Calisto Tanzi al quale detti in cambio Dino Baggio. Con Alessandro iniziava la rinascita juventina, la squadra che trovammo fu rivoltata come un calzino e vincemmo subito il campionato e successivamente la Coppa dei Campioni. Lo accoppiammo a Zidane, un giocatore allora sconosciuto ma di grande talento. Mi ci cadde l' occhio vedendo la partita di Champions Milan-Bordeaux, lo comprammo per 5 miliardi di vecchie lire, lo rivendemmo per 150 miliardi. Fummo fortunati nella scelta e Zizou fu fortunato ad incontrare noi. Ci vedemmo per i preliminari del contratto a Parigi dove si presentò con uno stecchino in bocca, che la volta successiva teneva dietro l' orecchio, al punto che mi venne spontaneo domandargli se fosse lo stesso di quindici giorni prima. L' eco delle sue prestazioni arrivò a Florentino Perez che a quei tempi voleva correre per la presidenza del Real Madrid. Mi chiese la possibilità di utilizzare il nome di Zinedine come possibile acquisto in caso di sua elezione ed io, fiutando l' affare, detti il mio consenso. La vittoria di Florentino fu schiacciante, evidentemente il nome di Zidane aveva fatto presa. Acquisto in buca - Siccome il mio modo di operare era di sostituire un giocatore ancor prima di cederne un altro, e siccome nella Lazio giocava Pavel Nedved che ci faceva sempre gol, mi precipitai da Cragnotti, allora presidente dei romani, e lo comprai. Una trattativa lampo e soprattutto segreta. Non lo sapeva neppure lo stesso Pavel che, a domanda se gradisse il trasferimento alla Juve, rispose di no perché stava bene a Roma: all'Olgiata poteva giocare a golf. Venuto a conoscenza del suo pensiero, feci passare qualche settimana prima di intavolare un colloquio ufficiale. Gli telefonai un giorno che si trovava a Praga per convincerlo: «Vieni almeno a vedere La Mandria dove giocano a golf gli Agnelli, se poi non ti piace sei libero di scegliere.Ti mando un aereo privato, che ti riporterà poi a casa e non saprà niente nessuno». Pur scettico, Pavel accettò l' invito, sicuramente per non essere scortese. Io a quel punto avvisai giornali e tv tant' è che quando Nedved scese dall' aereo si trovò una moltitudine di giornalisti ad aspettarlo. A Roma lo chiamarono traditore e lui non poté fare a meno di firmare facendo la fortuna sua e della Juve. Da quel momento c' erano i presupposti per vendere Zidane visto che Perez non poteva ritirarsi: quella cessione portò un ricavo record, ci permise di prendere Thuram e il giovane portiere parmense Buffon in cambio del quale demmo Bachini (valutato 35 miliardi) e conguaglio di 55. Stava nascendo la grande Juve e Gigi si accingeva a diventare il leggendario portiere italiano, come tutti lo hanno definito. di Luciano Moggi

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