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Russia 2018, il Paradiso del Male dove neppure il calcio riesce ad aver successo

Gino Coala
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«La Corea del Nord non potrà fermare tutto questo», cantano i Thegiornalisti. E non poté fermare neppure Yi Ch' ong-Jun, lo scrittore sudcoreano autore negli Anni 70 del romanzo "Your Paradise", uno dei capolavori della letteratura del Paese. Il protagonista, il colonnello Cho Paegon, nel periodo in cui la Nord Corea fa un exploit nel calcio arrivando ai quarti al Mondiale 1966 (ridicolizzando pure l' Italia), prova a ridare linfa a questo sport anche al Sud (oggi in campo contro il Messico) attraverso un esperimento singolare: mettere su una squadra fatta di lebbrosi. Nella colonia di malati su un' isola al largo del Paese dove è chiamato a fare da direttore, l' integrazione dei pazienti è già difficile, con i sanitari che si tengono a debita distanza per evitare ogni forma di contagio. A maggior ragione può essere difficile se i malati verranno riportati sulla terraferma. L' idea di Cho è organizzare partite tra medici e pazienti nella colonia, in modo da trasformare quel luogo in un Paradiso o perlomeno in un' isola felice: dopo le perplessità iniziali presto si crea entusiasmo e le barriere cominciano a cadere. Da qui l' idea successiva del colonnello: far partecipare la squadra di lebbrosi al campionato nazionale. Il problema è che, durante le partite, gli avversari si scansano temendo di contrarre la malattia. E i lebbrosi dell' isola possono vincere facile... Presto, anche a causa di questa diffidenza, saranno loro stessi a rifiutare ogni forma di integrazione forzata e a voler tornare nel loro guscio riparato, l' isola. Fino a disconoscere quell' allenatore-eroe che aveva provato a restituire loro una vita piena, tirandoli fuori dall' isolamento. Un giornalista commenterà amaramente su di lui: «Mi chiedo se davvero fosse necessario creare un eroe simile. Aveva veramente l' isola bisogno di un eroe? E come avrebbero potuto trovare gli abitanti dell' isola la felicità?». Perché a volte neppure lo sport è in grado di infrangere le barriere, superare i confini umani e sanitari, ma anche geografici e politici. Tanto più in un luogo come la Corea dove - ed è questo il messaggio lanciato da Ch' ong-Jun - nordcoreani e sudcoreani si danno reciprocamente dei «lebbrosi». E non basterà certo giocare sotto la stessa bandiera per curare questo "male", né per trasformare la penisola in un Paradiso. di Gianluca Veneziani

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