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S'inizia con Li Yonghong, si finisce con Berlusconi: il Cav nel mirino dei pm, quella voce sulla Procura

Giulio Bucchi
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Il Milan è stato riammesso in Europa. Il fondo Elliott è il nuovo proprietario. E dei consiglieri cinesi che facevano capolino nei vari Cda di controllo del club (dal Lussemburgo fino a Milano) non c' è più traccia. Insomma, l' epoca rossonera di Yonghong Li sembra risalire alla preistoria e i tifosi rossoneri non la rimpiangono affatto. Ma a ricordarci che il misterioso uomo d' affari di Hong Kong è stato alla guida di una delle società di calcio più gloriose al mondo per poco più di un anno, è arrivata la Procura di Milano che ha messo sotto indagine mister Li con l' ipotesi di falso in bilancio e di false comunicazioni sociali. Gli inquirenti stanno cercando di capire come mai Li, nelle scarne e opache informazioni ufficiali rese al mercato, avesse fatto intendere di non avere problemi finanziari, salvo poi mollare un investimento da circa 500 milioni di euro (l' acquisto del Milan da Silvio Berlusconi nell' aprile del 2017) perché non è stato in grado di restituire (o non ha voluto?) 32 milioni al fondo Elliott, che all' epoca gli aveva prestato poco più di 300 milioni (a tassi oscillanti tra il 7,7% e l' 11,5%) per chiudere l' affare con Fininvest. Interrogativi - Secondo il Corriere della Sera, che ieri mattina tramite il proprio sito ha rivelato la notizia delle indagini in corso, i pm Fabio De Pasquale e Paolo Storari si starebbero ponendo la domanda che si fanno un po' tutti: ma se mister Li (del quale peraltro non si hanno più notizie) era consapevole di non avere i soldi da restituire a Elliott, perché ha rifiutato l' interesse della famiglia Ricketts e addirittura un' offerta dell' imprenditore italoamericano Rocco Commisso, che si impegnava a ripagare i debiti del Milan e lasciava inizialmente al cinese il 30 per cento del club? Poteva decidere autonomamente o c' era qualcuno che decideva al suo posto? È anche per questo che la Guardia di Finanza milanese sta acquisendo documenti presso terzi: non solo negli uffici del Milan ma anche dei consulenti dell' operazione cinese quali Lazard (advisor di Fininvest), Rotschild, Ernst & Young e Deloitte. La svolta nelle indagini che ha portato all' iscrizione nel registro degli indagati per false comunicazioni sociali di Li è arrivata dall' acquisizione, da parte della Procura di Milano, della sentenza che ha dichiarato il fallimento di Jie Ande, la cassaforte dell' uomo di affari cinese. Su questa società pendeva una richiesta di liquidazione per bancarotta da parte della banca di Canton. A partire dall' analisi di questa sentenza, il procuratore aggiunto De Pasquale e il pm Storari hanno contestato a Li il reato di false comunicazioni sociali in relazione a due documenti: la nota integrativa al bilancio del 2016 di Jie Ande e un comunicato del 2018. Affari lontanissimi dalla galassia Milan, in apparenza, tanto che si potrebbe escludere che l' indagine tocchi in qualche modo Silvio Berlusconi. In realtà, parecchi indizi lasciano intendere che nel mirino ci sia sempre l' ex presidente del Consiglio e proprietario del Milan. E soprattutto quell' ipotesi di riciclaggio che è comparsa a più riprese sui media a inizio 2018, prima sussurrata, poi messa nero su bianco a gennaio con la notizia pubblicata da La Stampa: «La Procura: soldi riciclati per la vendita del Milan», titolava il quotidiano torinese. Li accusa Elliott - Sarebbero nel mirino, in particolare, le caparre versate da Li per acquistare il Milan che in alcuni casi (almeno per 100 milioni) avrebbero fatto il giro del mondo passando dalle Isole Vergini Britanniche per arrivare a Hong Kong e in seguito a Milano. Per gli accusatori sarebbe un artifizio per schermare la reale provenienza di quel denaro. Per chi ha seguito l' operazione si tratterebbe invece di una normale transazione come tante altre. Staremo a vedere. In serata Li, in una lettera rivelata dal Sole 24 Ore, ha accusato Elliott: «Ero convinto che fosse un investitore fidato. Ho commesso un errore». Avviando di fatto il contenzioso. di Tobia De Stefano

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