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Alla Fiat le assunzioni le fanno i giudici

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La sentenza costringe l'azienda a prendere 145 tesserati Fiom

Alvise Losi
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La sentenza “progressista” con cui il giudice del lavoro di Roma ha obbligato la Fiat ad assumere 145 lavoratori con la tessera della Fiom-Cgil in realtà è un salto indietro nella libertà individuale e d'impresa. Una macchina del tempo che avvicina l'Italia del 2012 alla visione socialista della fabbrica e del diritto, alla democrazia dei soviet degli operai, ai closed shop inglesi, l'istituto che nella Gran Bretagna pre-thatcheriana costringeva le aziende a mettere sotto contratto solo gli iscritti alle trade union, e che la Lady di ferro meritoriamente smantellò. Stavolta il pretesto non è la collettivizzazione delle fabbriche, ma un mantra del terzo millennio: il principio anti-discriminazione, sancito dalla normativa europea recepita dall'Italia con una legge del 2003, che il tribunale capitolino avrà senza dubbio applicato in modo conforme. Un ideale molto presentabile e politicamente corretto, ma in grado - come visto ieri - di generare mostruosità stataliste simili a quelle viste in passato. Leggi l'articolo di Fausto Carioti su Libero di oggi venerdì 22 giugno 2012

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