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Cav capo della coalizionePdl e Lega sono ai dettagli

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Pur di vincere in Lombardia e stoppare un eventuale Monti-bis, i padani aprono a Silvio aspirante premier. Il Pd si preoccupa e spedisce al Carroccio sondaggi falsi

Andrea Tempestini
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di Matteo Pandini Salvo sorprese l'accordo Pdl-Lega verrà ufficializzato martedì, quando i padani hanno il loro consiglio federale, ma ormai siamo ai dettagli. È superato l'ostacolo sul ruolo del Cavaliere perché - dicono sia gli azzurri che i lumbard - la coalizione non deve indicare il candidato premier che in caso di vittoria sarà nominato dal capo dello Stato. Una formula diplomatica per spiegare che Silvio guiderà la coalizione. Il succo dell'intesa è noto e prevede il sostegno azzurro a Maroni candidato in Lombardia, col progetto di trattenere il 75% delle tasse sul territorio. In cambio, i lumbard rinunceranno alla corsa solitaria alle Politiche: così il centrodestra avrà qualche possibilità di strappare un pareggio al Senato. Sarà fondamentale il premio di maggioranza regionale in Lombardia, Veneto e Sicilia. Però ci sarebbe un passaggio in più: se dopo le urne la situazione nazionale si rivelerà così intricata da aprire la strada a un esecutivo di larghe intese, i padani pretendono che il Cavaliere rifiuti un Monti bis. E ieri proprio Berlusconi ha parlato così: «Siamo disponibili a un governo di larghe intese ma senza il Professore». Il difficile, per Maroni, sarà convincere i suoi militanti più antiberlusconiani. «Prima il Nord e prima la Lombardia» osserva un autorevole esponente leghista «Quello che succede a Roma non ci interessa». I padani fanno almeno tre considerazioni. Primo: conquistare il Pirellone è fondamentale, e per riuscirci servono i voti del centrodestra. Secondo: con la Lombardia (e il Friuli Venezia Giulia che va al voto, più Piemonte e Veneto già in mano a Cota e Zaia) si può creare l'euroregione col 75% delle tasse che restano al Nord. Se perde, Maroni farebbe una figuraccia e per la Lega resterebbe una strada obbligata e zeppa di incognite. Quella della secessione. Terzo: a Roma le riforme non arrivano e comunque la coalizione, bene che vada, potrebbe strappare un pareggino. Ergo, Berlusconi a Palazzo Chigi è un problema che non si pone. «Con l'euroregione potremmo negoziare con qualunque governo» ripetono da via Bellerio. È una partita dove la Lega si gioca tutto. A spingere verso l'accordo sono anche alcuni sondaggi che il Pd ha fatto intravedere ai dirigenti leghisti. Secondo queste rilevazioni, il Carroccio in corsa solitaria stravincerebbe in Veneto e avrebbe ottime chance con Maroni in Lombardia. Viceversa, un patto con gli azzurri lo farebbe precipitare. Per i lumbard, si tratta di una polpetta avvelenata. Anche perché il segretario federale è solito affidarsi ogni settimana alle rilevazioni della Swg. Che però – dal 21 dicembre – ha interrotto le indagini. Causa ferie, non avrebbe a disposizione un campione attendibile di elettori. L'istituto di sondaggi riprenderà le interviste da domani. Maroni e Berlusconi non hanno incontri in agenda, anche se girano voci di imminenti faccia a faccia o di vertici segreti già avvenuti a Roma. Più probabile che il Cavaliere si veda con l'ambasciatore Roberto Calderoli, che ieri era a pranzo con Umberto Bossi a Gemonio, insieme a Giancarlo Giorgetti. «È inutile che Maroni e Berlusconi si vedano perché le carte sono tutte sul tavolo» spiegano dal quartier generale lumbard. E il fatto di non incontrarsi non significa che i due non possano telefonarsi. In casa Lega non ha creato particolare fibrillazione la notizia di una possibile lista Formigoni a sostegno di Gabriele Albertini in Lombardia, che il governatore uscente ha smentito. I leghisti sbuffano: «I ciellini voteranno comunque Albertini, con o senza lista Formigoni. Anzi, più Formigoni sta lontano da noi e meglio è». Anche perché uno dei temi su cui insisterà il Carroccio sarà la battaglia contro «Monti e il montismo». In Lombardia il premier sostiene l'ex sindaco di Milano, ma oltre alla Lega l'avversario più feroce di SuperMario «è proprio il Pdl di Berlusconi» ripetono i fedelissimi di Bobo. In realtà, pare che Formigoni stia giocando su due tavoli. Al di là delle sue smentite, dall'ex sindaco di Milano e dal Pdl arrivano versioni contrastanti. Per il partito, Formigoni sta trattando ed è disponibile a sostenere Maroni. Secondo Albertini, Berlusconi avrebbe offerto al Celeste almeno cinque candidature sicure al Parlamento ma l'interessato preferisce staccarsi dagli azzurri. Pure i padani trattano nuove alleanze: quella più significativa è con alcuni gruppi autonomisti lombardi. Si potrebbe chiudere in queste ore. Poi ci sarebbero i cacciatori di Civiltà rurale e il Partito Italia Nuova. Che il patto col Pdl sia a un passo lo fa capire Matteo Salvini, che sui social network spedisce un messaggio ai sostenitori più accaniti: «Ad oggi non c'è nessun accordo. Se accetteranno le nostre condizioni, e per una volta in vent'anni porteranno i loro voti al nostro candidato e al nostro progetto, ci penserò. Chi si arrende, ha già perso». Chi si arrende e, forse, chi non si allea...

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