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Bondi, cari compagni democraticida ex comunista dico: insieme possiamo governare

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Il senatore Pdl: Berlusconi è un leader politico legittimato dal voto democratico e dal sostegno di milioni di elettori

Lucia Esposito
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Sandro bondi* Gentile Direttore, per la seconda volta sfido una risposta sprezzante o più probabilmente il silenzio rivolgendomi ai più autorevoli e illuminati dirigenti del Pd. La prima volta che lo feci, in occasione della mozione di sfiducia personale che l'allora opposizione presentò contro di me sul caso Pompei, la mia fiducia nel confronto e soprattutto nel valore della politica non venne ricambiata. Spero, questa volta, di ottenere un maggiore ascolto o quantomeno un maggiore rispetto. Lo faccio come parlamentare del Pdl e come ex militante del Pci, come una persona cioè che dovrebbe conoscere sia la sinistra che la cosiddetta destra. Voglio fare solo una premessa iniziale, che forse interesserà poco i giovani, ma che è storicamente e culturalmente importante. Io mi opposi al compromesso storico, condividendo la tesi sostenuta da Umberto Terracini e da Giorgio Napolitano, secondo l'alleanza fra Dc e Pci, sia pure in nome dell'emergenza economica, rifletteva la convinzione che esistesse ancora la possibilità di un cambiamento rivoluzionario in un Paese dell'Occidente capitalistico. Ciononostante l'incontro fra Dc e Pci, in un mondo diviso da muri invalicabili, resta una testimonianza importante della capacità della politica e del ruolo dei leader politici di superare conflitti che possono condurre alla rovina comune di un Paese. Oggi, in un mondo non più diviso da irriducibili conflitti militari o ideologici, il rischio che corre il nostro Paese è per la prima volta molto alto. Basti dire che la sofferenza delle famiglie è giunta a un livello che sfocia, come vediamo, a gesti drammatici. Ma fra non molto, se le cose non cambieranno, assisteremo a scoppi di rivolte sociali che neppure immaginiamo. Le cause più profonde di ciò che sta accadendo risalgono a nodi storici mai risolti, che oggi, a contatto di una crisi economica globale finora mai conosciuta, rischiano di condurre l'Italia verso un lento ma inesorabile decadimento. In questo quadro la politica italiana appare impotente ad affrontare per la prima volta la concomitanza di una crisi economica e di una crisi della democrazia.  Se la politica non si dimostra capace di affrontare il nodo essenziale della costruzione dell'Unione europea e del superamento di una politica economica assurda imposta dalla Germania al resto dell'Europa, qualunque governo si insedierà in Italia sarà condannato al fallimento. Se questo è vero che cosa può impedire innanzitutto al Pd e al Pdl di trovare un accordo limitato nel tempo e circoscritto ad alcuni punti essenziali per mettere in sicurezza l'Italia? Ricordo, sempre facendo riferimento al passato, che nonostante il duro scontro politico, il Pci fu capace di leggere il complesso fenomeno sociale e politico della Dc come l'espressione di una realtà popolare interclassista avente una funzione nazionale.  Così come non sfuggiva ad Aldo Moro la necessità di tenere aperto una dialogo costante con il Pci al fine di costruire le condizioni di una fase nuova, di una normale democrazia dell'alternanza. Che così ci impedisce oggi di avere la stessa ampiezza di respiro politico e di capacità di analisi della realtà? Solo la grettezza di una politica nutrita di odio e di astrattezza può spiegare il rifiuto di un confronto e di una collaborazione che oggi tutti gli italiani avvertono come l'unica possibilità di uscire dal caos e dal rischio incombente di una rovina. Prima delle elezioni il Pd ha più volte annunciato di volere un accordo fra progressisti e moderati, facendo intendere chiaramente di puntare ad un accordo di governo anche con Monti e Casini. Poi, sulla base del risultato elettorale, Bersani ha virato verso un accordo con il movimento di Grillo. In questa totale inversione di rotta io vedo il segno di una mancanza di identità e di strategia politica da parte del Pd. Dopo il reiterato rifiuto di Grillo a trovare qualsiasi accordo con il Pd, il realismo impone di trovare una soluzione. La politica è l'arte del possibile e non il sogno del desiderabile. Il Pdl è una realtà popolare e democratica al pari di quella rappresentata dal Pd. Silvio Berlusconi è un leader politico legittimato dal voto democratico e dal sostegno di milioni di elettori. Chissà che da una crisi che oggi appare senza via d'uscita, uno scatto non ci permetta di entrare in una fase nuova, finalmente di normalità, in cui la politica discuta finalmente di contenuti e di problemi piuttosto che alimentarsi di incomprensibili polemiche.  *senatore Pdl

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