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Letta vuole durare?Fissi regole chiare

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L'analisi di Renato Brunetta su 'Libero': "Il premier scarichi i sabotatori e faccia rispettare gli accordi presi per il bene del Paese. Poi ognuno per la sua strada"

Andrea Tempestini
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di Renato Brunetta Capogruppo Pdl alla Camera Caro direttore, venerdì un deputato del Movimento 5 Stelle ha detto che se avessero fatto a Brunetta quello che hanno fatto a lui (entrare nella sua posta elettronica) Libero sarebbe insorto. A parte il fatto che, nelle ultime settimane, sono stato oggetto di attacchi razzistici da parte del futuro Nobel per la Pace, Gino Strada, e da quell'altro molto passato per la Letteratura, Dario Fo. A parte che anch'io sono stato oggetto di pirateria elettronica su Twitter, senza convocare conferenze stampa. A parte questo, in una  cosa il cittadino grillino ha visto giusto: che tra Libero e me  c'è un'amicizia radicata in un sentire comune che riguarda l'intero popolo radunato intorno a questa testata, che sin dal nome dice l'essenza del mio impegno politico. Per questo le scrivo. Perché sono preoccupato per la sua analisi. Non mi permetto di sintetizzarla in casa sua. Però registro che è connotata da un pessimismo sulla tenuta del governo e la durata della coalizione.  La ragione le dà ragione. Ma esiste una ragione che vede al di là dei dati di fatto. Coglie la necessità storica e si ostina a perseguirla. Ed essa ci dice che questo governo o dura o sono guai. Non perché abbiamo paura di perdere le elezioni: le vinceremmo a mani basse, i sondaggi parlano un linguaggio univoco. La questione è che si rischierebbe di vincere sulle rovine, piantando la nostra bandiera su una Italia moribonda e con il popolo sfinito e in rivolta.  Ovvio: il governo non deve durare tanto per durare. Esso ha un fondamento storico ed esistenziale, ma la pacificazione nazionale è in vista del fare, ha per scopo la realizzazione di un programma condiviso. Altrimenti sarebbe un abbraccio nella sala da ballo del Titanic. Occorre manovrare la nave per sottrarla al naufragio. Per questo noi abbiamo individuato, tra gli altri, nell'abrogazione dell'Imu sulla prima casa la pre-condizione nient'affatto propagandistica dell'accordo, ma una mossa per rimettere in moto fiducia e consumi. Un passo verso una nuova direzione che abbandona il rigore cieco e ingrana la marcia in avanti, mollando il freno a mano innestato dal governo Monti. Siamo consapevoli delle difficoltà del premier Letta, cui confermo qui stima e sostegno. Il suo governo nasce però con manchevolezze che vanno colmate in corso d'opera. Letta è appena rientrato dalla Germania. Spero vi abbia attinto alcune nozioni. La Grosse Koalition tedesca si basò su un programma delineato fin nei particolari. Democristiani e socialdemocratici avevano praticamente pareggiato alle elezioni del 18 settembre 2005, la Cdu aveva l'1% in più dell'Spd. Vista l'impossibilità di realizzare alleanze diverse, una volta annunciato, il 10 ottobre, che il cancelliere sarebbe stata Angela Merkel, gli esponenti dei due partiti lavorarono duramente, e approdarono ad un programma comune dopo 32 giorni, l'11 novembre. Dopo di che la Merkel si presentò al Bundestag il 22 novembre. E i dicasteri furono equamente divisi. Questo da noi non è stato possibile. E la causa la sanno tutti: l'ostinazione di Bersani nel dire no a Berlusconi e a qualsiasi ipotesi di Grande Coalizione. Alla fine, dopo la frantumazione del Partito democratico, l'accordo è stato finalmente raggiunto per il bene del Paese e per la necessità di dargli un governo politicamente forte. Con qualche vizio di origine. La sinistra, durante la crisi, ha ingoiato qualsiasi posizione di potere pur vantando non un vantaggio dell'1 ma dello 0,3 per cento. Tutte le cariche dello Stato sono di suoi uomini e donne. E per ottenere questo e un numero squilibrato di ministri ha fatto valere una superiorità numerica di seggi dovuta a un premio di maggioranza che andrebbe - secondo giustizia e secondo spirito della legge - restituito, non servendo a garantire una maggioranza di governo. Pd e Sel, che nel frattempo si sono divisi, hanno però incassato un premio di scopo per uno scopo che non hanno conseguito (cioè quello di governare): lo rendano ai proprietari, cioè agli elettori. Oltretutto, non c'è stato il tempo di andare al di là di un programma imbastito a larghe linee. È in questo spazio che si muovono i sabotatori del governo per ragioni di bottega. Alludo al Pd. E lei direttore, ha mostrato bene che in molti personaggi che hanno aderito obtorto collo all'accordo di pacificazione nazionale, il sì è stato ipocrita, con un odio antiberlusconiano permanente ed effettivo come unico collante del loro stare assieme. Permane l'idea di una superiorità morale, per cui si emettono veti inaccettabili contro Berlusconi, senza che Letta osi intervenire. Invece, è bastato che qualche movimento gay alzasse la voce, per punire ingiustamente Michaela Biancofiore con l'eliminazione della sua delega alle Pari Opportunità. Così non va bene affatto, andando avanti così si va a sbattere. Servono regole del gioco chiare e nette. In questo occorre imparare dai tedeschi. I quali sono avversari furibondi, ma poi quando la realtà impone compromessi, li fanno accettandone la natura nobile, non ritenendoli affatto un infiacchimento della politica, ma la sua condizione di efficacia. Logico che senza questo sano compromesso condiviso sulle questioni più importanti, e sulla base di un pregiudizio etico l'esecutivo Letta non può durare. Non siamo andati al governo per assicurarci qualche poltrona, ma per agire in nome degli ideali che ci caratterizzano, accettando la sfida con punti di vista diversi ma tesi al bene comune. Le nostre linee sono modernizzazione ed efficienza della pubblica amministrazione, tutela di imprese e famiglie, meno tasse, meno mano morta dello Stato e più fiducia data alla capacità di iniziativa degli italiani. Se non ce lo fanno fare, bisognerà dire addio.  È inevitabile? Noi non ci arrendiamo. Noi crediamo che intorno a Letta e ad altre personalità del Partito democratico si possano coagulare energie davvero determinate a raggiungere compromessi efficaci alla maniera della Grosse Koalition. In Europa, quando sono stato deputato a Bruxelles, ho imparato che è possibile raggiungere accordi dove si trovano sintesi di reciproca soddisfazione, e li si fa valere senza riserve mentali. Nessuno era perdente, nessuno si sentiva menomato. Ripropongo qui, perché se crede lei se ne faccia portavoce, l'esigenza di arrivare ad accordi chiari e distinti, secondo la modernità europea e cartesiana, senza pasticci e pastrocchi. Altro che inciucio. La cultura della modernità e del contratto sociale impongono questa tolleranza intelligente dell'altro e delle sue proposte.  Per tutto questo occorre che Letta definisca, nel dialogo con noi, regole precise e simmetriche. Io sono laico, ho le mie idee al riguardo, per nulla bigotte. Qualcuno ricorderà che  avevo proposto, a proposito di coppie di fatto, etero ed omosessuali, i DiDoRe (Diritti e Doveri di Reciprocità).  Ma non essendo il matrimonio gay previsto nel programma di governo, perché ritenere la Biancofiore avversa alle pari opportunità solo perché ha espresso opinioni conformi alla Costituzione? Mah. Intanto Fassina pone veti a Berlusconi e non succede niente, neanche un bah da parte di Letta. Così non può andare. Eppure rimediare si può, camminare insieme in una logica di compromesso sensato e nobile è una strada inderogabile. Io non sono gramsciano, per cui non contrappongo al pessimismo della ragione, l'ottimismo della volontà. Ma è la ragionevolezza che ci dice: andiamo avanti. Che Letta scarichi i seminatori di zizzania da qualunque parte provengano (oggi specie a sinistra), dia regole per stabilire in corso d'opera i passi da fare urgenti e necessari. E tireremo fuori l'Italia dalla tempesta. E poi ciascuno per la sua strada come vuole la democrazia.

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