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I "no tutto" adessosi attaccano al gasdotto

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Gli "integralisti ambientali" contro il gasdotto che collegherà Azerbaijan e Italia passando per 10 chilometri in Puglia

Giampiero Mughini
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Dio mio, ci stiamo per entrare nell'ennesima guerra di religione ambientale, guerre di cui noi italiani siamo divenuti dei professionisti che non hanno l'eguale al mondo. Rischia difatti di diventare una questione di vita o di morte se vada fatto sì o no il Tap (Trans Adriatic Pipeline), quel lunghissimo gasdotto che nasce in Azerbaijan per poi approdare sulle coste del Salento e mettere a disposizione dell'economia italiana una quantità di gas a buon prezzo pari al 15 per cento del fabbisogno italiano. Ne è un entusiasta promotore Enrico Letta, che c'è andato di persona a stringere la mano al presidente azero pur di dare l'avvio all'opera. Prima di arrivare in Italia - dove entrerebbe a pieno regime nel 2019 - il gasdotto percorre tutta intera la Turchia, 247 chilometri di territorio greco, 211 di territorio albanese, 104 chilometri di acque sottomarine dell'Adriatico. Il tratto pugliese coinvolto è di poco più 10 chilometri, e comunque gas a buon mercato a parte la ricaduta di una tale opera sull'economia pugliese sarebbe di quasi 300 milioni di euro nei soli quattro anni della realizzazione (calcoli presentati qualche giorno fa dalla società Tap alla Commissione Industria del Senato). Solo che su quei dannati 10 chilometri rischia di esplodere l'inferno della protesta No Tap. Eccome se ne sentivamo il bisogno dopo quel che sta succedendo in Piemonte in fatto di No Tav e in Sicilia in fatto di No Muos, la protesta a far revocare l' autorizzazione data agli americani di costruire un colossale impianto di difesa satellitare dalle parti di Niscemi (revoca che il capo del governo autonomo siciliano, Rosario Crocetta, aveva voluto e poi non più dopo il parere di una commissione scientifica che ha negato che da quell'impianto vengano pericoli alla salute di chi abita nei dintorni). Quanto al Salento, le truppe No Tap sono già schierate e febbrili. «Il Salento non è terra di conquista e di stupro» è la loro parola d'ordine. In prima fila sono alcuni parlamentari grillini, va da sé. Poi i 10 mila abitanti e il sindaco di Melendugno, il comune più direttamente interessato alle messa in opera del gasdotto. È già arrivato a dire la sua ed eccitare gli animi uno scrittore quale Erri De Luca, uno che di Buone Cause non ne perde una. I musicisti di che arredare le serata anti-Tap che si annunciano numerose non mancano. C'è chi dice che si tratta di un'opera volta al passato perché di idrocarburi se ne farà sempre meno uso in futuro, sostituiti come saranno da nuove tecnologie. C'è chi dice che lì dove il gasdotto forerà la costa salentina è il luogo di allevamento di una pregevole tartaruga sottomarina che rischia così di essere annichilita. Figuriamoci se mancheranno gli argomenti pro-ambiente e anti-gas, alcuni dei quali buoni, altri molto meno. E anche se in fatto di tutela ambientale la società che promuove la Tap è pronta a destinare 5 milioni di euro allo studio di interventi atti a fronteggiare il fenomeno dell'erosione delle coste salentine. Un fenomeno che rischia di diventare un tumore dell'attività turistica di quelle zone. Ma com'è che noi italiani siamo sempre al primissimo posto in fatto di ipersensibilità sulle questioni ambientali e di difesa della salute collettiva? Non dimentichiamo che siamo l'unico Paese industriale moderno che ha detto no all'uso civile dell'energia nucleare, e ne stiamo ancora pagando il prezzo sotto forma di una bolletta dell'energia elettrica che è la più cara al mondo e che tiene gli investitori stranieri lontani dalle industrie localizzate in Italia. Quanto al gasdotto da cui siamo partiti, com'è che né in Grecia né in Albania né in Turchia qualcuno ha battuto ciglio perché preoccupato del suo impatto ambientale? Forse perché lì non hanno il Movimento 5 Stelle e similari? Così come è un fatto che quanto alle minacce all'ambiente che sarebbero provocate dal treno ad alta velocità Torino-Lione, laddove da noi è in corso un putiferio che dura da dieci anni, dall'altra parte delle Alpi non si muove foglia. Ancora una volta, al centro delle emozioni che muovono la protesta è l'amore per il proprio ambiente di vita o ci troviamo invece di fronte all'ultima spiaggia di ideologie «anti-tutto» che cercano di scovare tutti i pretesti buoni per menare le mani? Non ho dubbi quanto alla sincerità e alla buona fede di molti militanti anti-Tav che vivono in Val di Susa. Epperò è un fatto che quelli che ogni volta vengono catturati dopo gli assalti a mano notevolmente armata contro uomini e cose dei cantieri dell'Alta velocità, sono degli energumeni del nulla che non hanno nulla a che vedere con la Val di Susa e che andrebbero trattati per quel che sono: dei delinquenti comuni. Arrivo al dunque e stringo. Figuriamoci se in fatto del gasdotto che sboccerà nel Salento non debbano essere prese tutte le precauzioni possibili in fatto di tutela dell'ambiente, e purché lo si dica chiaro e tondo che non esiste innovazione fatta dall'uomo che non si porti appresso qualche spina e un qualche rovinìo dell'esistente. Questa è una cosa, ed è una cosa che ci interessa tutti. Tutt'altra cosa è la ricerca disperata di una vetrina (innanzitutto massmediatica) su cui affollarsi a dire «qualcosa di sinistra», qualcosa di davvero «anti» e radicale. Non è vero, cari parlamentari del Movimento 5 Stelle? di Giampiero Mughini

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