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Il fondo europeo salva-Grecia è un esproprio mascherato

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I conti di Atene continuano a peggiorare. Ora pare che Bruxelles voglia offrirsi per privatizzare il patrimonio immobiliare. E, di fatto, mettere le mani sul Paese

Lucia Esposito
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 E tre. Nel mese di agosto è stato licenziato in tronco ad Atene il presidente di Taiped, ovvero l'agenzia che si occupa, o dovrebbe occuparsi, di privatizzare aziende, immobili, financo isole che il governo di Atene ha promesso di liquidare per far fronte ai debiti con l'Europa. Ma l'impresa non è facile, come dimostra il fatto che, negli ultimi 12 mesi, sono saltati tre presidenti. Più delle vendite realizzate. Di questo passo, non solo  l'obiettivo, già dimezzato, di raccogliere 1,6  miliardi di euro entro la fine dell'anno è semplicemente impossibile, ma la meta concordata con la trojka, cioè 9 miliardi nel 2016, è solo una barzelletta.  Niente paura. Un paio di giorni fa, dai cassetti dell'Ems, l'organismo messo a punto per sostenere il debito dei Paesi Ue che ne facciano richiesta (dietro severe condizioni, così severe che né Roma né Madrid si sono fatte avanti) è spuntato un progetto che, in realtà, è qualcosa di più di un'idea. Non riuscite a privatizzare? Ebbene, ci pensiamo noi. Atene ci affidi tutto il patrimonio immobiliare in vendita. Tutti i beni, isole comprese, saranno affidate ad un fondo gestito da noi, del tutto indipendente dallo Stato greco, che procederà alle vendite sulla base di valutazioni nostre. I quattrini resteranno nel fondo oppure saranno utilizzati per rimettere a posto i beni che, così come sono, spesso non sono vendibili. Insomma, una proposta che sa di esproprio. No, è la replica, perché la proprietà resterà in mano greca. E sarà Atene a stabilire quando vendere. Obiezione che non convince più di tanto: quando un debitore deve chiedere nuovi prestiti, il potere è nelle mani dei creditori. E la Grecia, si sa, avrà bisogno di nuovi prestiti sia l'anno prossimo che nel 2015. Né si vede come il Paese, con un tasso di disoccupazione del 27,8%, il pil in calo del 4,6% e un debito pubblico pari al 160% del pil possa ripagare i nuovi debiti o, tantomeno, immaginare di ripagare parte dei 172 miliardi ricevuti in questi anni.  Di qui il piano dell'Ems, sollecitato, pare, dalla Finlandia e gradito sia al Fondo Monetario che alla Bce, un po' meno dalla Commissione Europea cui non sfugge il significato esplosivo che potrebbe avere il precedente: quando un Paese, dopo ripetute prove, non risulta in grado di portare a compimento un programma concordato con i partner ed approvato dal suo Parlamento, si potrà far ricorso ai «commissari» di Bruxelles che agiranno in piena autonomia. Ancora una volta, come è accaduto in più occasioni dal 2009 in poi, la Grecia si presenta come un caso di scuola che può avere implicazioni imprevedibili un po' per tutti, Italia e Spagna comprese. Per carità, il caso di Atene è senz'altro estremo. Il piano concordato con gli ispettori della trojka prevedeva in un primo momento 9 miliardi di privatizzazioni entro il 2013 per arrivare a 19,5 miliardi entro il 2015. Poi, di fronte ai ritardi e ai fallimenti dei vari tentativi di vender qualcosa, gli obiettivi si sono ristretti ad un terzo o giù di lì.  Intanto, ultimo caso a Rodi, al momento di visionare i beni all'incanto, gli ispettori di Atene hanno incassato non poche brutte sorprese: alberghi abusivi su spiagge in teoria ancora intatte. Mattoni abusivi o, il più delle volte fantasma, il che non stupisce in un Paese che non ha ancora realizzato il suo primo catasto. L'ultima speranza era riposta in Stelios Stavridis, una specie di Sergio Marchionne sotto l'Acropoli: ingegnere laureato a Zurigo, imprenditore di successo alla testa di Piscines Ideales, uno dei leader del mercato europeo delle piscine. Sembrava l'uomo giusto finché un giornale di Atene non l'ha fotografato mentre scendeva da un aereo privato, sulla pista di Cefalonia, in compagnia dei proprietari di Emma Delta, una finanziaria metà greca metà ceca in corsa per la privatizzazione delle lotterie di Stato. Niente di male salvo il fatto che Emma aveva chiesto ed ottenuto, clausola un po' bizzarra ma di grande favore per l'acquirente, di poter affittare la lotteria per 12 anni prima di procedere all'acquisto. Insomma, non c'è da stupirsi se i falchi finlandesi, ma non solo loro, si sentono presi in giro. I tedeschi, per ora, tacciono. La parola d'ordine è sollevare il meno possibile il caso Grecia di qui alle elezioni del 22 settembre, per evitare un autogol a vantaggio delle forze antieuro. Anche il governo greco, istruito dai tedeschi, evita per ora di sollevare il tema dei nuovi aiuti. Ma il piano dell'Ems arriverà presto sulle scrivanie dei capi di governo. E sarà un dossier che scotta. La Grecia, si sa, è lo studente dell'ultimo banco che, parola di Frau Merkel, nella classe dell'euro non ci doveva proprio entrare. Ma ci sono altri Paesi, tipo l'Italia per non far nomi, che non sono riusciti a privatizzare nemmeno una caserma o una società per azioni municipale, una di quelle create solo per distribuire stipendi e sinecure agli amici. O dove, per privatizzare, ci vorrebbe un censimento dei beni che per ora non c'è (e molti non vogliono  che ci sia). Ugo Bertone

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