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Omicidio Rea, Salvatore Parolisi condannato a 30 anni in Appello

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L'Aquila, 30 set. - (Adnkronos/Ign) - Salvatore Parolisi è stato condannato a 30 anni di carcere dalla Corte d'Assise d'Appello dell'Aquila per l'omicidio della moglie Melania Rea. La decisione è arrivata dopo nove ore di Camera di Consiglio. Al caporal maggiore dell'Esercito non sono state riconosciute le aggravanti. In primo grado Parolisi era stato condannato all'ergastolo. "Parolisi è amareggiato, crede che non sia giusto", ha detto il legale dell'uomo, Walter Biscotti, a 'Skytg24'. "Noi non arretriamo di un millimetro - ha sottolineato - vediamo come le sentenze possono essere capovolte anche all'ultimo grado di giudizio, aspettiamo la Cassazione e aspettiamo di capire come la Corte ha motivato". "Certo ci dispiace perché ci sembra una sentenza esemplare, come se Parolisi dovesse pagare un po' per tutti - ha aggiunto - Ci aspettavano l'assoluzione perché non ci sono elementi che possano portare alla condanna. Siamo sorpresi e ovviamente impugneremo la sentenza in Cassazione. Si va avanti". Parla invece di "giustizia" la madre di Melania, Vittoria: "La giustizia comincia a fare la sua strada, la giustizia ci vuole per queste persone che commettono questi reati. Me l'auguravo questa sentenza. Parolisi? Era come sempre con quello sguardo arrogante", ha sottolineato. "Per noi questa non è una vittoria - ha detto invece il padre, Gennaro Rea - per noi è la giustizia che è stata fatta per nostra figlia e per la nostra principessa. Soprattutto perché nell'eventualità che questa persona fosse potuta uscire si sarebbe presa la bambina e non lo merita perché gli ha ucciso la mamma". "Ho sentito 30 anni e siamo scoppiati tutti in lacrime, ci siamo liberati di questo grande peso", ha aggiunto il fratello di Melania, Michele. "Speriamo che le altre famiglie non debbano soffrire come noi", ha concluso. E' il 18 aprile 2011 quando Carmela Melania Rea, 29 anni, scompare sul Colle San Marco di Ascoli Piceno, dov'era andata per trascorrere qualche ora all'aria aperta insieme al marito, Salvatore, militare del 235esimo Reggimento Piceno, e alla loro bambina di 18 mesi. Secondo quanto verrà riferito da Parolisi, l'unico in grado di confermare questa circostanza, la donna si allontana per andare in bagno in uno chalet. Nessuno però, si apprenderà in seguito, l'ha mai vista entrare. E' lo stesso marito di Melania, trascorsi una ventina di minuti, a dare l'allarme: Parolisi, non vedendo rientrare la moglie, chiama i soccorsi e fa scattare le ricerche. Il suo corpo viene scoperto due giorni dopo, il 20 aprile, in seguito alla telefonata anonima di un uomo che, intorno alle 14.30-15.00, avverte il 113 da una cabina telefonica pubblica del centro di Teramo ma che non verrà mai rintracciato. La salma di Melania viene ritrovata in un bosco di Ripe di Civitella, nel teramano, a circa 18 chilometri di distanza da Colle San Marco, poco lontano dalla località chiamata Casermette, dove si svolgono esercitazioni militari di tiro. Presenta ferite di arma da taglio e una siringa conficcata sul suo corpo. L'autopsia, eseguita dal medico Adriano Tagliabracci, appurerà che Melania è stata uccisa con 35 coltellate, ma non vengono trovati segni di strangolamento e nemmeno di violenza sessuale. Accanto al corpo di Melania viene trovato il suo cellulare con la batteria scarica. Poi viene ritrovata anche un'altra sim card. Il segnale del cellulare sarebbe stato attivo fino alle 19 circa. Poi, non si hanno più segnali. Parolisi non viene da subito iscritto nel registro degli indagati. L'avviso di garanzia gli viene notificato il 29 giugno dello scorso anno, a più di tre mesi dall'omicidio della moglie Melania. L'arresto arriva invece quasi un mese dopo: a chiederlo il procuratore di Ascoli Piceno Michele Renzo e il sostituto Umberto Monti. A disporlo il gip Carlo Cavaresi, che il 19 luglio lo fa arrestare. Per il primo giudice che lo spedisce dietro le sbarre, Parolisi avrebbe ucciso la moglie Melania Rea a causa della situazione che si era creata con l'amante, la soldatessa Ludovica Perrone. La misura cautelare in carcere verrà confermata dalla Corte di Cassazione il 28 novembre del 2011: a 7 mesi dal delitto la prima sezione penale della Suprema Corte respinge il ricorso presentato dalla difesa del caporal maggiore che chiedeva di ribaltare l'ordinanza del Tribunale del Riesame dell'Aquila. Giudicato con rito abbreviato, concesso il 12 marzo del 2012 dal giudice Marina Tommolini, Parolisi viene condannato all'ergastolo il 26 ottobre del 2012. Il caporalmaggiore dell'Esercito viene condannato al massimo della pena, con isolamento diurno, per l'omicidio della moglie dal gup Marina Tommolini. A Parolisi il Gup commina anche tutte le sanzioni accessorie, compresa la perdita della patria potestà genitoriale, stabilendo inoltre il pagamento di una provvisionale di un milione a favore della figlia Vittoria e di 500mila euro per i genitori di Melania.

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