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Europee 2014: a Strasburgola carica degli anti-europeisti

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Alle elezioni del prossimo anno atteso l'exploit dei partiti che vogliono l'uscita dalla Ue. Socialisti e popolari saranno costretti a coalizzarsi

Matteo Legnani
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L'appuntamento con il voto è ancora relativamente lontano, ma gli euroscettici di ogni colore e di ogni Paese stanno sin d'ora affilando le armi per quelle si annunciano essere le elezioni europee più combattute da quando il Parlamento continentale, nel 1978, ha incominciato ad essere eletto a suffragio universale e diretto. Stando ai sondaggi, per la prima volta in più di trent'anni, dal giugno prossimo rischia di rendersi necessaria una sorta di «grande coalizione» europea tra popolari e socialisti per formare la nuova Commissione europea. Il forte peso degli euroscettici nel nuovo Parlamento, che, dal 2008, con l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, ha assunto un ruolo di co-decisione con il Consiglio, rischia infatti di rendere impossibile un esecutivo monocolore.  Come raccontava il Financial Times il 15 ottobre scorso, il capo del partito nazionalliberale olandese, Geert Wilders, ha incontrato in un ristorante parigino Marine Le Pen, leader del Front National francese, per fare il punto della situazione in vista dell'apertura della campagna elettorale per il voto del 22-25 maggio. Messe provvisoriamente da parte le battaglie contro l'immigrazione incontrollata, i partiti della destra populista europea sperano di fare il pieno di voti scagliandosi in blocco contro l'Unione europea, non particolarmente amata di questi tempi. Il centralismo regolatorio di Bruxelles, l'austerità fiscale imposta dalla Commissione e la strisciante integrazione economica in vista di uno Stato federale europeo sono il bersaglio preferito di Wilders e Le Pen, due figure in realtà con storie politiche molto diverse. Mentre Wilders è cresciuto negli ambienti liberali olandesi e coniuga posizioni conservatrici in economia e immigrazione con posizioni libertarie sui temi etici, Marine Le Pen ha ereditato dall'anziano padre un partito a chiara vocazione fascista e xenofoba, in grado di far concorrenza alla sinistra in politica economica e ai neogollisti su immigrazione e diritti civili. Anche il britannico, Nigel Farage, scoppiettante leader del partito per l'indipendenza del Regno Unito (UKIP), sembra aver poco da spartire con Geert Wilders e Marine Le Pen. Eppure anche lui fa rientro nel variegato gruppo dei nemici di ferro di Hermann Van Rompuy e Josè Manuel Barroso. Conservatore dai marcati tratti libertari, Farage è impegnato da qualche anno nell'impresa di fare concorrenza ai Tories in patria.  Per ora pare esservi riuscito piuttosto bene, visto che i conservatori sono usciti lo scorso anno dal partito popolare europeo (PPE) e hanno fondato un gruppo autonomo, ribattezzato gruppo dei conservatori e riformisti (ECR), posizionato su un crinale almeno parimenti eurocritico. In Germania, Alternativa per la Germania (AfD), il movimento contro la moneta unica fondato nell'aprile scorso da un gruppo di professori universitari e giornalisti in pensione, pur avendo mancato di poco l'obiettivo di entrare al Bundestag, il Parlamento tedesco, ha dimostrato di poter giocare un ruolo determinante sullo scacchiere politico, se è vero che la sua buona affermazione (4,7%) ha impedito alla signora Merkel di tornare a governare con i liberali.  Senza contare che, dopo una sentenza del Tribunale costituzionale di Karlsruhe dello scorso anno, la legge elettorale tedesca per le elezioni europee non prevede più alcuna soglia di sbarramento. Il che significa che l'incentivo degli elettori a indirizzare il proprio voto verso i partiti che senz'altro supereranno l'asticella del 5% viene improvvisamente meno e Alternativa per la Germania, con la sua piattaforma politica già molto ben rodata in materia europea, potrà facilmente fare il pieno di voti. Nella vicina Austria, le recenti elezioni federali hanno visto l'affermazione dei partiti antieuro che vogliono il ritorno allo schilling: da un lato, la FPÖ, il partito fondato da Jörg Haider e oggi guidato da Heinz-Christian Strache, ha superato il 20,5%; dall'altro, la piccola formazione guidata dall'imprenditore franco-canadese Frank Stronach ha sfiorato il 6%. Delle stesse percentuali godono d'altronde anche in Italia partiti come il Movimento 5 Stelle e la Lega Nord, entrambi uniti dalla lotta contro la moneta unica e l'oppressione economica proveniente da Bruxelles. Tutto lascia, insomma, credere che la variopinta compagine di euroscettici possa sfondare le ormai gracili barriere europeiste di popolari e socialisti e costringere entrambi i gruppi ad una convivenza politica non facile. di Giovanni Boggero

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