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Antonio Castro

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Andrea Tempestini
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L'Europa dell'euro è da considerarsi «alla stregua di una malattia mortale». La diagnosi è impietosa: dall'introduzione del pareggio di bilancio e del Fiscal compact si è creato «un sistema robotizzato totalmente eterodiretto». Sistema che «cancella la democrazia negli Stati membri», e ha innescato un «processo recessivo» che ha trascinato le più forti economie europee (Italia, Francia, anche Germania), a livelli di competitività e crescita pari a quelli di Stati del terzo mondo. Giuseppe Guarino  è un «giovanotto» (classe 1922)  pronto alla rivoluzione, intellettuale s'intende. Non volendo potrebbe assurgere al ruolo di ideologo inconsapevole del magmatico partito antieuro italiano.  Da fine giurista - e decano dei costituzionalisti italiani - ha preso il Trattato europeo,  lo ha scandagliato e sezionato per anni. Ma soprattutto è andato a (ri)leggersi anche i Regolamenti (che non dovrebbero avere la forza di un Trattato ma che nei fatti oggi ci costringono alla ghigliottina del 3%). Proprio da uno di questi Regolamenti (n° 1466 del 1997) - che i ministri dell'epoca approvarono «forse neanche comprendendolo» - discende il rigore meccanico di un'Europa che oggi si avvita sulla deflazione, sulla bassa crescita e sull'export arrancante.  Uscirne, spezzare le catene «è possibile». Come? Con una sorta di nuova «santa alleanza» che porti Italia, Spagna, Grecia e Portogallo a chiedere - non di uscire dall'Unione europea - di abbandonare l'euro come valuta di riferimento. E di scegliere, questi quattro, una nuova moneta. Una Deroga espressamente prevista dal Trattato che offre ora la via d'uscita (forse l'unica) dai ragionieristici Regolamenti.  La stessa Deroga concessa, a suo tempo, alla Gran Bretagna ed ad altri Paesi, che fanno parte dell'Unione e dell'area di libero scambio ma  che in Deroga, appunto, hanno e mantengono (saggiamente) una propria diversa valuta.  Professore, l'Europa scricchiola. Le fondamenta stesse dell'Unione sembrano crepate da una crisi che è sempre più avvitata. La povertà cresce, la disoccupazione aumenta,   il Pil si inabissa. L'Unione e l'euro dovevano rappresentare una bacchetta magica formidabile. E invece… «Sono un giurista che ha sempre amato le statistiche. Perché i numeri non mentono. Guardiamo gli indicatori economici degli ultimi 15 anni. Tre lustri fa Francia, Germania, Italia erano ai primi posti mondiali come crescita e tasso di competitività. Ebbene, appena 3 lustri dopo, siamo agli ultimi posti della stessa classifica. Se prima ci confrontavamo con gli Stati Uniti, oggi dobbiamo sgomitare per non venir surclassati da Haiti, Costa d'Avorio, Eritrea. Più chiaro di così…». Praticamente facciamo fatica a tenere il passo rispetto a Paesi che vivono da 30 anni la guerra civile o hanno subìto un disastro ambientale di proporzioni bibliche. Questi non sono dati di economie vive e vivaci, ma di Stati che devono fare i conti con una ricostruzione post bellica. Stiamo uscendo o siamo immersi in una guerra finanziaria (non formalmente dichiarata) dagli effetti ancora più devastanti dei bombardamenti? «Il  raffronto tra lo stato delle nostre economie oggi con Paesi in profonda crisi è vero, calzante e sconfortante. Però noi possiamo uscirne. Perché se è vero che il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, è altrettanto vero che il Regolamento ci strozza con il parametro capestro del 3%, ma che il Trattato prevede espressamente la facoltà di Deroga per situazioni eccezionali. Ma non è detto che queste condizioni eccezionali proseguano per sempre. Quindi bisogna cogliere il momento: chiedere la Deroga, abbandonare sì l'euro, ma non la zona di libero scambio, allearsi con i gli altri “Pigs” e dare vita ad una nuova moneta». Suggestiva come ipotesi. Ma si può realizzare? Ce lo consentiranno? «Trattato alla mano,  la facoltà di chiedere la Deroga, e quindi abbandonare l'euro per altra valuta, è prevista. Basta chiederlo. E questa nuova entità economica, aggregando i quattro Stati, avrebbe una popolazione di ben 127 milioni di persone  e un Pil complessivo di 3.998 miliardi di dollari. L'aggregato economico e di abitanti ci piazzerebbe in un baleno al decimo posto nella classifica mondiale come popolazione e al quarto posto per ricchezza prodotta. Preceduti solo dagli Usa, dalla Cina e dal Giappone. Se poi si accodasse anche la Francia avremmo: 189 milioni di abitanti e oltre 6.558 miliardi di ricchezza. In questa ipotesi saremmo secondi al mondo come Pil prodotto e sesti per abitanti. Subito dopo gli Stati Uniti e superando di slancio Cina, Giappone e Germania». Ipotizziamo che i quattro derelitti d'Europa chiedano la Deroga, rinuncino all'euro come valuta e che scelgano un'altra valuta. Cosa succederebbe? «Sorgerebbe una nuova entità politica ed economica che riporterebbe la responsabilità di politica economica, fiscale ed industriale in capo ai singoli Stati, facoltà oggi eterodiretta in virtù del famoso Regolamento approvato e sottoscritto forse un po' alla leggera. Ma soprattutto   questa nuova entità non avrebbe debiti e potrebbe cogliere quelle sfide di competitività e crescita che oggi urgono. Abbiamo tassi d'interessi bassissimi, inflazione sottile e una disoccupazione record. Lasciando i vincoli di bilancio a Bruxelles, e potendo investire e fare debiti per la crescita, si innescherebbe un effetto volano e moltiplicatore. Arriverebbe la vera crescita, torneremmo a competere con i grandi del sistema globale e non a giocare più sulla difensiva». I sentimenti antieuro, complice una crisi della quale si annuncia ripetutamente l'imminente fine che ci costringe in un tunnel recessivo obbligatorio sempre di più lungo, si consolidano e stanno prendendo corpo politico. In primavera il multiforme partito antieuro viene già accreditato tra i vittoriosi. Questo darà una spinta centrifuga al sistema perverso e robotizzato che porterà all'autodistruzione dell'Unione oltre che dell'euro? «Come “antico” intellettuale ho il dovere di studiare e di mettere al servizio della democrazia i risultati delle mie ricerche. Il mio ruolo termina qui. I sentimenti antieuro sono la declinazione di un processo burocratico mal compreso e peggio gestito. Questo meccanismo ha di fatto soppresso la democrazia e finché resterà in piedi produrrà risultati negativi. I binari rigidi su cui siamo stati collocati ci portano a svolgere i compiti a casa (pareggio di bilancio e limite del 3%), altrimenti si finisce dietro la lavagna». L'intervista è stata lunghissima. Questo testo è il distillato di ore di conversazione. E le necessarie licenze giornalistiche siamo certi che rispecchino, per grandi linee, l'idea del Professore.  L'ex ministro che ha anche navigato, da deputato e senatore, nella stagione di Togliatti, Einaudi e De Gasperi, ha compiuto proprio nel giorno in cui l'abbiamo incontrato 92 anni. Ha insegnato giurisprudenza a Francesco Cossiga, a Mario Draghi, a Luca Cordero di Montezemolo, a Domenico De Sole (Gucci). Eppure, ad ascoltarlo motivare la sua «dottrina», appare come un ragazzetto per vivacità intellettuale e fisica. Soprattutto è rivoluzionario nella proposizione: scardinare l'intoccabilità fideistica dell'euro per non arrendersi alla recessione cavalcante. Il più sano degli istinti giovanili. Auguri.  intervista di Antonio Castro

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