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I nostri ragazzi fanno sesso ma non sanno dire "ti amo"

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Per i giovani è patetico provare un sentimento importante e i genitori li educano al cinismo. Però non c'è vita senza il dono dell'amore vero

Ignazio Stagno
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Prima la «scoperta» dei femminicidi. Poi quella della prostituzione minorile a Roma e non solo. Si è detto che sono patologie della nostra società. Ma la fisiologia dei rapporti affettivi, ciò che oggi consideriamo la normalità, qual è? Siamo certi che sia sana e felice? Mi ha colpito una lettera - rimasta senza risposta - di uno studente del primo anno di liceo classico, uscita su Repubblica. Era titolata: «Perché tra noi liceali non si usa più ‘ti amo!'». Lo studente, Marco D.G., scrive: «Ho notato che le parole ‘ti amo' stanno progressivamente scomparendo tra i giovanissimi: diverse persone le ritengono ‘paroloni', fastidiosi, estranei, barocchi e patetici». Poi spiega che i suoi coetanei, i quali non usano più queste espressioni d'amore, lo fanno «per motivazioni molto tristi». Che lui riassume così: «L'amore, a questa età, non esiste, non è importante, non deve essere importante. Sarà qualcosa che verrà più tardi. Dopotutto, mi dice una mia cara amica a proposito delle sue vicissitudini, ‘se smetti di amare vuol dire che non hai amato'. Tutti ragionamenti in larga parte appoggiati e incentivati da parenti, più o meno stretti. Questo modo d'agire non vuol dire sminuire gli amori di quest'età? Non è sbagliato?» Continua a leggere l'approfondimento di Antonio Socci su Libero di venerdì 22 novembre

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