A volte ritornano

Quei volantini dei No Tavche sembrano quelli delle Br

Matteo Legnani

Cambia giusto che oggi c’è internet al posto del ciclostile. Per il resto, siamo là. Il comunicato apparso ieri con cui i No Tav rivendicano e sostanziano la devastazione del centro di Roma con relativo assalto alla sede del Pd andata in scena mercoledì scorso nella Capitale pare uscito dritto dagli anni ’70 e dai direttivi dove si stilavano le risoluzioni strategiche. Il testo, pubblicato sul sito notav.info, è firmato da tale Di Vetta Paolo, che qualifica se stesso come «attivista dei Blocchi Precari Metropolitani di Roma»: non un No Tav col pedigree, dunque, ma il milieu quello rimane e il blasone della testata che ospita l’intervento toglie ogni dubbio quanto a genuinità dell’endorsement. Estratti: «Il Pd è un obiettivo politico»; «I territori e le lotte sono il cuore pulsante che offre qualità e numeri alle continue mobilitazioni di questi giorni»; «Il comportamento di una forza politica come il Pd (...) rappresenta plasticamente l’enorme distanza tra il paese che soffre e che subisce la crisi e gli interessi che Letta e compagni intendono salvaguardare»; «La chiarezza delle richieste è stata sostenuta da una pratica di conflitto determinata»; «La campagna di primavera è lanciata». Basta sostituire le parole «Pd» e «Letta» a «Dc» e «Andreotti» e l’effetto anni di piombo è totale. Il tono - al di là di un momento di involontaria comicità, quando al Di Vetta scappa il refuso ed esce che la colpa di tutto è delle «lobbie del mattone», e uno potrebbe chiedersi cosa c’entrino mai i cappelli - è truculento. Le immagini dei vandali che prendono i poliziotti a sassate e cercano di entrare nella sede del Pd sono ancora fresche, e vedere che c’è chi lavora per dare loro una adeguata cornice ideologico-politica non è consolante. E dove ci sono movimenti violenti con tanto di sovrastruttura ideologica, ci saranno spezzoni di politica impazienti di fiancheggiare. Allora era toccato a Democrazia proletaria, oggi bisogna accontentarsi dei Cinque stelle. Il cui comunicato di mercoledì, stilato a scontri ancora in corso ed incentrato sulla denuncia della «repressione» subita dai gagliardi manifestanti No Tav, pare ritagliato su misura sulle vecchie dichiarazioni con cui, trent’anni fa o giù di lì, le forze di sinistra più o meno extraparlamentare si schieravano a colpi di distinguo dalla parte dei katanga. Per ora, fortunatamente, le analogie con quegli anni finiscono qui. Il livello di violenza di allora e quello di oggi non sono lontanamente paragonabili, e anzi nell’intera vicenda (gli incidenti, i comunicati, le coperture) un certo retrogusto di stracco revival qua e là affiora. Preoccupano, tuttavia, gli sviluppi nel medio periodo. Il clima nel Paese è quello che è, ed episodi come quello del maxi-sciopero di Genova dimostrano che di voglia di scaldare l’autunno che resta e l’inverno da venire in giro ce n’è. E nulla, quando si ha voglia di menare le mani, funziona bene come l’idea della saldatura tra movimenti antagonisti. Tanto per fare un esempio recente, i fatti di Roma sono stati il frutto dell’unione tra manifestanti No Tav e gruppi di lotta per la casa, due movimenti che fino ad allora avevano avuto poco o niente a che spartire. Il rischio è che il reclutamento sia appena iniziato. di Marco Gorra