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L'editoriale

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di Maurizio Belpietro

Monica Rizzello
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Il lettore ci perdonerà se per un giorno anziché di argomenti seri come il legittimo impedimento o gli incentivi alla Fiat ci occupiamo di facezie televisive. Anche noi talvolta siamo colpiti da questioni minime, che però nei giornali e in tv assumono il tono di questioni massime. Ci riferiamo al caso di Marco Castoldi, in arte Morgan, giovanotto brianzolo che di professione fa il cantante, ma che al grande pubblico è noto per lo stravagante abbigliamento e per la burrascosa relazione con Asia Argento più che per le sue canzoni. Essendo conduttore di una trasmissione Rai, il giovanotto pare che da qualche tempo sia diventato un personaggio di culto e come tale sia inseguito da riviste che ambiscono a raccogliere le sue confessioni. L'ultima delle quali ha provocato un putiferio. Morgan, un tipo che ama presentarsi un po' pirata e un po' poeta maledetto, al cronista ha rivelato d'essere un fumatore di crack e un abituale consumatore di eroina, che, a suo dire, userebbe per curare la depressione di cui sarebbe affetto. Apriti cielo: è bastata l'anticipazione dell'intervista per scatenare una violenta polemica, perché il giovanotto era atteso al festival di Sanremo, dove avrebbe dovuto far da spalla ad Antonella Clerici. L'argomento principe della discussione è più o meno il seguente: che modello si trasmette ai giovani mandando in prima serata un tipaccio del genere? L'emittente pubblica può avere testimonial a favore del consumo di droga? La Rai ovviamente si è affrettata ad annullare la partecipazione dell'imprudente, il quale a sua volta ha dichiarato che la confessione gli era stata carpita e le sue frasi stravolte. La vicenda pare che avrà un seguito da Bruno Vespa, dove Morgan si dichiarerà pentito e pronto a sottoporsi a un trattamento disintossicante, fatto che ha spinto il segretario del Pd, silenzioso solo quando c'è da esprimersi  sulle beghe per le regionali, a intervenire affinché fosse concesso il perdono dello sprovveduto. Decisione ormai assai probabile, con ritorno sul palco dell'Ariston del figliol prodigo. Vi state domandando perché vi raccontiamo tutto questo? Perché da giorni il caso tiene banco sulle prime pagine dei giornali, Libero incluso, con commenti di esperti e moralisti, i quali spaccano il capello in due manco dovessero fare l'antidoping alle opinioni. Ora, la vicenda merita qualche osservazione proprio sul ruolo della stampa e sulla sua capacità di diriger ire tutto, anche l'inverosimile. Punto primo. I giornali dovrebbero vedere i fenomeni con anticipo e non in ritardo, così eviterebbero di manifestare stupore quando non c'è nulla da stupirsi. E' da tempo che Morgan strizza l'occhio alla droga, almeno dalla sua prima comparsata al festival, quando cantò , una canzona in cui si parlava di oppio e marijuana. Gli servì per farsi notare, così come il nome d'arte e i vestiti da capitano corsaro. Se non si atteggiasse a pirata maledetto chi si sarebbe occupato di lui? I critici musicali? Forse, ma non con commenti positivi visti i risultati di vendita dei suoi dischi, soprattutto in tempi recenti. Punto secondo. Se Carlà Sarkozy , pare offesa dalle parole di una canzone in concorso,  non avesse dato buca e Morgan che invece il buco lascia intendere di farselo, chi si sarebbe occupato di Sanremo? Delle canzoni, degli autori, e dell'evento musicale neppure gli addetti del settore paiono aver voglia di scrivere. E dunque ai dirigenti di Viale Mazzini tocca inventare qualcosa da dare in pasto ai giornali, i quali generosamente ringraziano e si producono in approfondimenti e dibattiti cartacei. E' un gioco vecchio come la tv, che serve a far parlare di ciò di cui non ci sarebbe motivo di dire nulla. E' un modo per tenere in vita uno spettacolo che non ha nulla di spettacolare, un sistema per tenere in piedi una recita vecchia e un po' noiosa, che grazie a uno scaldaletto e qualche polemica ci farà sbadigliare un po' di meno. Ultima riflessione. Il caso Morgan e l'uso che se ne fa a fini pubblicitari non devono stupire. Parafrasando una vecchia battuta si potrebbe dire: è la tv, bellezza. Ciò che per distrazione, o forse per dabbenaggine, scambiano per drammi delle commedie.

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