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L'Editoriale

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di Mario Giordano

Maria Acqua Simi
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Una volta ci si accorgeva che era iniziata la campagna elettorale per le richieste di voti. Adesso per le richieste d'arresto. Come cambiano i tempi: in vista delle urne l'unico partito in cui si respira un certo fermento è quello dei magistrati. Il centrodestra sonnecchia, il centrosinistra annaspa, il centro-centro vacilla. L'unico vero centro, alla fine, è quello delle toghe: in effetti fanno centro che è un piacere. Colpito e affondato: più che per le liste di candidati, si freme per le liste di indagati; più che i programmi elettorali si preparano le ordinanze dei tribunali. Le elezioni, del resto si sa, da sempre sono l'occasione giusta per mettersi in mostra: la differenza è che una volta erano i politici a cercare un posto al sole. Adesso sono le Procure. Firenze si muove, Roma, risponde, Milano agisce, l'antimafia reagisce: Protezione civile, Bertolaso, gelatina, Verdini, assessori provinciali, consiglieri comunali, Scaglia e fastweb. Chi offre di più? Ah, i tempi in cui si aspettava con ansia questo periodo per sentirsi fare delle luccicanti ed eclatanti promesse elettorali destinate ad essere puntualmente smentite alla prova dei fatti. Adesso di promesse elettorali non se ne sentono più. In compenso si sentono delle accuse penali, altrettanto luccicanti, altrettanto eclatanti. E altrettanto destinate (probabilmente) ad essere smentite alla prova dei fatti. “Puliremo le città”, assicuravano un volta i candidati. “Puliremo la Repubblica”,  assicurano oggi i magistrati. E a noi resta, comunque, la sensazione di avere a che fare con qualcosa di sporco… La campagna elettorale con l'ermellino, infatti, ha una conseguenza immediata e diretta, come ha fatto notare ieri Berlusconi: quella di aumentare la quota di astensionisti. “Così la gente non va al voto”, avrebbe detto il premier. E come dargli torto? L'antipolitica dilagante crea disaffezione. Inchiesta dopo inchiesta, veleno dopo veleno, la gente viene convinta a pensare che in fondo mettere la scheda nell'urna sia inutile: Franza o Spagna purché se magna,  è sempre stato così, no? E allora che serve andare al seggio? Ci sarebbero sondaggi per cui, se si votasse oggi, l'astensionismo potrebbe toccare il 60 per cento. E, si sa, che quando l'astensionismo sale, la sinistra vince. Ecco perché al Pd senza idee conviene che la partita del 27 marzo si giochi solo sul tavolo delle Procure. Viene quasi nostalgia di Ugo Zatterin, figurarsi un po'. Saranno state tribune elettorali un po' soporifere, ma almeno per partecipare al dibattito non bisognava per forza indossare la toga. Ora invece, ci avete fatto caso?, di politica non si parla quasi più. I partiti aspettano le scelte che cadono dall'alto, i militanti aspettano Porta a Porta per saperne qualcosa di più. Idee? Progetti? Mobilitazioni? Macché. La vivacità del dibattito negli schieramenti è un encefalogramma piatto scosso solo dai fremiti della paura: il prossimo avviso di garanzia a chi toccherà? Ambarabacicicocò tre imputati sul comò: una volta si parlava di “rischio elezioni” nel senso che si rischiava di essere battuti alle urne. Adesso il rischio elezioni è che qualcuno, più che battuto, rischia di essere sbattuto. In cella. In effetti tutta la verve che manca nelle segreterie dei partiti la potete trovare nelle cancellerie dei tribunali. Proprio così: la campagna elettorale funziona da bromuro per la politica e da Prozac per la giustizia, da valeriana per i candidati e da caffeina per i magistrati. Che paradosso, vero? Si va verso il voto, eppure nelle stanze della politica regna un annichilito silenzio. E tra quelle della Procura, invece, un vortice operoso: si riscoprono vecchie inchieste, se ne mettono a fuoco di nuove, si distribuiscono provvedimenti e intercettazioni come fossero caramelle, si concentra tutta l'attività possibile e immaginabile ben sapendo che l'occasione è unica per conquistare la luce dei riflettori. Per dire: l'indagine sulla Protezione civile parte nel 2008, quella di Fasteweb si riferisce a fatti avvenuti fra il 2003 e il 2006. Guarda caso, entrambe vengono cotte a puntino proprio ora. Che combinazione, no? Votantonio, votantonio, ma che tristezza: una volta in campagna elettorale si parlava di riforme, adesso al massimo di riformatorio, una volta c'erano i santini, adesso c'è San Vittore. Tutti aspettano che prima o poi scatti la corsa alle urne. E invece giorno dopo giorno scattano solo le manette. Il risultato è che, se va avanti così, il 29 marzo non avremo l'esito del voto. Al massimo, l'esito del vuoto.

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