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L'editoriale

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di Maurizio Belpietro

Maria Acqua Simi
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 Adesso che il Tar ha ignorato la sostanza del decreto salva-liste approvato per salvare i polli del PdL buggerati dai radicali, sarà bene dire alcune cose franche sullo stato di salute del centrodestra. Da persone che hanno a cuore questo governo non possiamo fingere che tutto vada bene, specie dopo la sentenza di ieri. Intendiamoci: il decreto era un atto dovuto.  Fummo infatti tra i primi a sollecitarlo, sostenendo che non sarebbe stato un voto regolare quello in cui nelle principali regioni del Paese non avesse partecipato il partito di maggioranza. Dunque, lasciando perdere il perché e il per come si è arrivati all'esclusione del Popolo della Libertà, era evidente che fosse necessario tentare di rimettere le cose a posto e consentire al PdL di partecipare alla corsa elettorale. L'atto dunque è legittimo e noi non abbiamo avuto dubbi prima né li abbiamo ora e la sottoscrizione del decreto da parte del capo dello Stato la riteniamo un passo coraggioso, ancorché inevitabile. Fatta questa premessa e rinviata a dopo le elezioni la ricerca delle responsabilità di chi stava per impedire al centrodestra di  presentarsi,  è però opportuno riconoscere che questa faccenda lascia il segno. Non tanto in noi e in chi come noi ne ha viste di tutti i colori, ma fra gli elettori. Un partito al governo che si fa gabbare da quattro militanti radicali e da alcuni giudici che non l'hanno in simpatia è uno  spettacolo di cui noi avremmo volentieri fatto a meno e, credo, anche gli italiani. Abituati a un centrodestra in grado di sbrigarsela con i terremoti e le catastrofi ambientali, a vedere un gruppetto di funzionari il quale non sa cavarsela con qualche migliaio di firme c'è da rimanere basiti. La perdita di credibilità dopo ciò che è successo nel Lazio e in Lombardia è giudicata dai sondaggisti nell'ordine di due-tre punti percentuali e questo vuol dire che sfide come quelle In Piemonte, nel Lazio ma anche in Puglia sono a questo punto da considerarsi a rischio sconfitta per il PdL. Già battere Vendola, la Bonino e Mercedes Bresso non era un gioco da ragazzi, ma con la palla al piede di una brutta figura l'impresa diventa ancor più difficile. Fra l'altro noi abbiamo la sensazione che gli esperti in rilevazioni demoscopiche non stiano calcolando il rischio astensionismo, ovvero la voglia di molti elettori del centrodestra di disertare le urne, per mandare ai vertici un segnale di scontento per quel che è successo. Il malumore è diffuso e percepibile a chiunque voglia prestarvi attenzione e si accompagna a un po' di nausea per una gestione affidata a troppi colonnelli senza il carisma del comando. Se ciò avvenisse i candidati del PdL correrebbero il rischio di andare incontro a una sconfitta bruciante e con essi  il centrodestra e perfino lo stesso governo, il quale pur non essendo direttamente coinvolto rischierebbe di subirne i contraccolpi. Per questo crediamo sia opportuno che nelle prossime settimane il presidente del Consiglio faccia sentire la sua voce, caricando gli animi di elettori che appaiono un po' depressi.  Sappiamo che ancora una volta tocca a lui caricarsi sulle spalle il peso della campagna elettorale e inventarsi un'idea che rilanci il centrodestra, ma se non lo fa lui non lo fa nessuno. Dunque Cavaliere, ricarichi gli animi dei delusi e li spinga al voto. L'alternativa è perdere e non sappiamo a lei, ma a noi non piace.

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