L'editoriale
di Maurizio Belpietro
Tra i sostenitori di Bersani e Di Pietro che mi scrivono, uno mi rivolge la seguente domanda: come può una persona intelligente giustificare le telefonate di Berlusconi a un membro dell'Agcom? Passi per le chiamate a un direttore di tg, che è nominato dalla maggioranza di governo e tutti sanno che in Rai c'è la lottizzazione, ma chiudere gli occhi su un funzionario di un'autorità indipendente che si mette d'accordo con il presidente del Consiglio proprio non si può. L'elettore di sinistra ovviamente sottintende che o sono in malafede, oppure non devo essere molto acuto se non capisco il nocciolo del problema emerso con le intercettazioni di Trani, ovvero che un garante dovrebbe stare sopra le parti e non giocare al telefono con una di esse. In realtà, pur non ritenendomi particolarmente sveglio, comprendo bene dove voglia andare a parare, ma conoscendo come in questo Paese sono nate le authority e chi ne fa parte non sono incline a comportarmi da ipocrita come invece mi pare stiano facendo molti leader progressisti. Certo, un organismo come l'Agcom dovrebbe essere distante dagli operatori e anche dalla politica, ma forse pochi sanno che i suoi membri vengono nominati direttamente dai partiti e non dallo Spirito Santo e come se non bastasse la maggior parte di essi arriva dai banchi del Parlamento o dalle immediate vicinanze di qualche ministero. Giancarlo Innocenzi non è il solo ex onorevole a farvi parte, ci sono almeno altri quattro commissari con alle spalle un'esperienza a Montecitorio o a Palazzo Madama, così che tutto l'arco parlamentare possa essere adeguatamente rappresentato: dal Pdl al Pd, passando per l'Udc. Essendo stati nominati nella passata legislatura, non manca neppure un esponente dell'Udeur, anche se il partito di Mastella è ormai praticamente scomparso. L'Agcom ovviamente non è un'eccezione, ma la regola. Le autorità di garanzia in massima parte sono a stretto contatto con la politica. Proprio per questo, una prova è che molti membri quando escono dal Parlamento non provano nemmeno a stare fermi un giro, ma strappano subito la nomina. E' ragionevole pensare che dopo essere stati per anni a stretto contatto con colleghi deputati e senatori una volta eletti interrompano ogni contatto con i partiti di provenienza? No. E chi pensa il contrario è lui sì in malafede. In realtà l'unica indipendenza che conservano le authority è quella di spesa: in quel campo infatti alcune riescono perfino a fare meglio di Camera e Senato e forse solo per questo in gran parte andrebbero chiuse. Nessuna sorpresa dunque per quel che emerge dalle carte di Trani, anche perché, come ho scritto ieri, che Berlusconi volesse la chiusura di trasmissioni come quella di Santoro non è una novità. Sono anni che ci prova, convinto che Annozero non abbia nulla a che fare col servizio pubblico. Semmai c'è da stupirsi per le stranezze di un'inchiesta nata da una faccenda di usura con le carte di credito, e finita per orecchiare i discorsi del presidente del Consiglio. E anche da domandarsi perché molte procure non riescano a fare un'indagine senza tirare in ballo il Cavaliere. Ma forse anche qui non c'è da essere troppo sorpresi: il cliché è il solito, cui assistiamo ad ogni elezione. Da quasi vent'anni ogni volta che si vota spunta una nuova accusa e le ragioni non hanno neppure bisogno di essere spiegate. A ogni chiamata alle urne serve un po' di benzina per infiammare gli animi della sinistra, che altrimenti dopo tante sconfitte e altrettante brutte figure dei suoi leader ha il morale sotto i tacchi. Ma il gioco è ormai così conosciuto che gli stessi militanti progressisti cominciano a stancarsi. Bastava dare un occhio alla sfilata di Roma di ieri per rendersene conto. In una piazza più rossa, che viola, l'unica cosa che si notava era la stanchezza dei militanti. Forse anche loro cominciano a non poterne più.