L'editoriale
di Maurizio Belpietro
Debbo confessare ai lettori l'estremo imbarazzo che provo in questi giorni: vedere gli articoli dedicati ad Adro, paesotto bresciano balzato agli onori della cronaca perché il sindaco leghista ha sospeso la mensa scolastica a chi non paga, mi dà un senso di repulsione. Non verso il primo cittadino o gli abitanti del piccolo comune, ma nei confronti di molti miei colleghi giornalisti, i quali seduti comodi alla loro scrivania commentano fatti che appena conoscono, emettendo sentenze di razzismo e intolleranza contro un'intera comunità, la quale non ha alcuna colpa, se non quella di pretendere il rispetto delle regole. Naturalmente so di che scrivo, essendo vissuto da quelle parti per oltre quarant'anni. Adro non è più razzista di quanto lo sia Bologna, tanto per rimanere alla capitale del comunismo alla mortadella. O Rovigo, dove un assessore di Rifondazione paga gli immigrati per farli ritornare a casa e levarsi il problema. Qui nessuno ce l'ha con gli stranieri in quanto tali, che sono centinaia, spesso ben inseriti e ormai sfiorano il dieci per cento della popolazione. Non c'entra niente la stella gialla sul braccio degli ebrei, come qualcuno ha scritto cercando di approfittare del caso per sistemare vecchie beghe locali. Semplicemente la gente del posto non ci sta a farsi prendere per il naso: se c'è un servizio a pagamento, è giusto che tutti paghino. Chi più, chi meno, in base alle proprie possibilità e quanti non ce la fanno si possono rivolgere ai servizi sociali. La vicenda è tutta qui: la mensa è gestita da un'associazione parascolastica di genitori, la quale applica tariffe di poco più di un euro al giorno per le famiglie a reddito minimo e fino a quattro per quelle che guadagnano di più. In totale fanno 22 euro al mese nella fascia bassa, ma qualcuno non vuole versare neppure quelli e così il buco si è allargato via via. Lettere e richiami non sono serviti a nulla e alla fine il sindaco leghista, il quale l'anno scorso aveva ripianato il disavanzo con oltre 50 mila euro, ha avvisato che non metterà mano al portafogli una seconda volta. Ecco che si arriva al grande scandalo, con l'accusa di voler ridurre alla fame i poveri bambini extracomunitari. Sciocchezze: il discrimine non è razziale ma reddituale. Molti stranieri sono in regola con la retta e nessuno si è mai sognato di privare i loro figli del cibo. Ci sono anche famiglie di immigrati in difficoltà e per questo vengono assistite consentendo ai bimbi di continuare a ricevere il pasto. Infine c'è chi fa finta di niente, o perché pur essendo in regola lavora in nero e dunque dichiara nulla o più semplicemente perché preferisce far mangiare i figli a sbafo. Se fosse davvero indigente potrebbe chiedere aiuto ai servizi sociali, invece dopo l'annuncio della sospensione della mensa ha preferito quello della Cgil, alla quale ovviamente non è parso vero di poter attaccare un'odiata giunta leghista e farne una vertenza. E così è partita la grancassa, coi giornali a parlare d'infamia e di un Carroccio che liscia il pelo ai peggiori istinti (Padellaro's version) o di doveri elementari (Concita's version), che poi sarebbero quelli di dar da mangiare a chiunque. Essendoci di mezzo i bambini, anche il grandi organi d'informazione si sono commossi, criticando il cuore di pietra della Lega. Nessuno naturalmente si è chiesto se le cose stessero davvero così e soprattutto perché alcune centinaia di brave mamme di altrettanti scolari fossero incazzate con chi non paga. Tutte razziste? Tutte meschine e avide? O non più semplicemente brave genitrici che non vogliono essere prese in giro da chi i soldi li ha ma preferisce spenderli in altro modo piuttosto che saldare la retta? E i bambini, i bambini innocenti che si vedono discriminati a tavola?, domandano con le lacrime agli occhi nelle loro poltrone imbottite direttori e inviati? Siete sicuri che non siano usati strumentalmente in una guerricciola da strapaese? La vostra preoccupazione è che i piccoli non percepiscano già alle elementari le differenze sociali e le difficoltà della vita e dunque li volete proteggere dalle ingiustizie? E se invece fosse un bene far capire già sui banchi di scuola che il reddito non ci ha fatti tutti uguali? Vi lamentate dei figli bamboccioni e poi non siete in grado di dire che le differenze ci sono? E poi, se siete così addolorati, fatela voi la carità e non pretendete che anche quella sia pubblica e a carico dello Stato e del Comune. Cari colleghi, io, che da ragazzino andavo a scuola con il cestino della merenda mentre i miei compagni godevano del servizio di refezione a pagamento e non mi sentivo per questo discriminato o con la stella al braccio, vi domando: non è che avete siete vittime di un razzismo immaginario perché a forza di inforcare gli occhiali politicamente corretti non vedete più quello che avete davanti al naso?