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L'editoriale

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di Maurizio Belpietro

Monica Rizzello
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Da giorni Claudio Scajola è sotto tiro. Lo accusano di essersi fatto pagare tre quinti della sua casa romana da uno degli imprenditori della cricca cresciuta attorno alla protezione civile. 900.000 euro versati con 80 assegni, un bel gruzzolo, non c'è che dire. Alcuni quotidiani, i soliti: Corriere e Repubblica, da giorni pubblicano ampi brani di verbali e qualcuno si è anche spinto a reclamare le dimissioni del ministro dello sviluppo economico, sostenendo che in quel posto non può stare uno che si fa pagare la casa da imprenditori in affari con la pubblica amministrazione. L'aspetto singolare della vicenda è però che Scajola non è indagato. Per quel che se ne sa, la procura non lo ha messo sotto accusa, quantomeno non ancora. E neppure ha interrogato colui che avrebbe versato di tasca propria i tre quinti dell'appartamento, vale a dire quel Diego Anemone che sta in carcere da un paio di mesi. Curioso, no? Sui giornali escono spezzoni di verbali che mettono sulla graticola uno degli uomini politici più in vista del paese, ma i responsabili dell'indagine apparentemente non gli contestano nulla, e neppure si affrettano a verificare le accuse con i diretti protagonisti. Già, perchè oltre ad Anemone, neppure Scajola è stato sentito. Qui sopra, per la penna del bravo Fausto Carioti, il responsabile dello sviluppo economico si difende e dice di non sapere nulla di assegni e strani versamenti a proposito della propria casa romana. Nega di aver dato appalti ad Anemone e sostiene che non c'è dunque alcun motivo perché l'imprenditore si offrisse di versare per conto suo quasi un milione di euro. Se dovessimo dire che Scajola, che pure apprezziamo per l'efficienza, ci ha tolto tutti i dubbi, mentiremmo. La sua ricostruzione lascia ancora zone d'ombra che, per convincerci della buona fede del ministro, dovranno essere chiarite. Ciò nonostante anche l'inchiesta di Perugia ci lascia dubbi e lungi dall'averci convinto. Non soltanto per le curiose dimenticanze che segnalavamo prima, ma pure per alcune modalità che ci fanno pensare che l'inchiesta proceda spedita, ma solo in una direzione, limitata a Palazzo Chigi e dintorni. Prima Bertolaso, poi Verdini, infine Scajola, sfiorando Letta. Chi sarà il prossimo?

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