L'editoriale
di Maurizio Belpietro
In Italia è un rito che affonda le radici nella notte della prima Repubblica. Sono cambiati i governi, spariti i partiti storici, sepolti i leader degli anni Sessanta e Settanta, ma la manovra è sempre lì: appuntamento fisso che come una cambiale si presenta all'incasso ogni inizio d'estate, ineluttabile quanto la morte. Fa nulla se non c'è più la lira ed è arrivato l'euro, le operazioni per far quadrare i conti pubblici sono a scadenza programmata, come se si sapesse che il bilancio dello Stato, quello che annualmente viene predisposto dai ministri in carica, sia in realtà un'ammuina, un atto formale di cui già si prevede il mancato rispetto. Per questo bisogna fare la manovra. La quale in realtà è anch'essa una presa in giro, perché si scrivono alcune cifre e si indicano obiettivi che quasi mai vengono centrati. Bisogna trovare 10 miliardi? Si varano un po' di provvedimenti, qualche tassa - in genere su benzina, bolli e sigarette: o per lo meno così era fino a che erano in molti a spedire cartoline e fumare - e per il resto si fissa una certa quota che dovrà essere coperta dal recupero dell'evasione fiscale o dalla riduzione degli sprechi. Ovviamente né l'una né l'altra promessa poi vengono mantenute e l'anno dopo si ricomincia da capo, sommando ai bisogni finanziari insoddisfatti dei precedenti dodici mesi anche quelli dei successivi. Così si è costruito il terzo debito pubblico al mondo: manovra dopo manovra si è scavata una voragine che tutti fingono di voler tappare, mentre in realtà nessuno ha voglia di far la prima mossa e attende sempre quella di qualcun altro. Prendete le Regioni: si sa che ce ne sono quattro che hanno i conti fuori controllo, in gran parte per la sanità ma non solo. Finora a ripianare i buchi ci pensava lo Stato, ma adesso Pantalone è stanco di pagare e dunque ha informato i governatori che dovranno fare da soli: o aumentano le tasse oppure tagliano le spese. Invece di mettersi al lavoro, i presidenti - alcuni dei quali appena entrati in carica e dunque senza colpe sulle spalle - che fanno? Battono cassa e negano di poter alzare i tributi o ridurre gli sprechi. Risultato: i giorni passano e il buco s'allarga, come sempre è stato in questo Paese. Il sindacato ovviamente ci mette del suo, organizzando proteste e opponendosi a qualsiasi intervento in nome della difesa dei posti di lavoro anche quando quel lavoro lo si potrebbe creare altrove. Ovviamente chiunque con un po' di sale in zucca capirebbe che di questo passo si ha un piede nel burrone e si finisce in bancarotta. Ma da noi no: l'ammuina della manovra si continua a fare allo stesso modo, né più né meno. Non c'è sinistra né destra che contino: invece di prendere le decisioni che si devono prendere, si finge di fare un po' di tagli e poi si va avanti come se niente fosse. Al massimo, quando si è con l'acqua alla gola si fa una bella imposta patrimoniale oppure si infilano direttamente le mani in tasca ai cittadini, come fece Amato nel 1993. Eppure si potrebbe fare diversamente. Basterebbe poco per rimettere a galla la barca e impedirle di affondare. Come ha spiegato Luca Ricolfi, un sociologo di sinistra che nutre simpatia per i numeri e meno per le balle, basterebbe prendere ad esempio la sanità della Lombardia, chiudere un po' di ospedali e applicare alle altre Regioni i costi imposti dal Pirellone, e si risparmierebbero 6,5 miliardi. Oppure si potrebbe stabilire una volta per tutte che 4 milioni di invalidi su una popolazione di 60 milioni sono troppi e come sanno anche i sassi più di un milione sono finti storpi o ciechi che hanno trovato il modo di sbarcare il lunario senza lavorare. Visto che il sussidio costa complessivamente 25 miliardi, scoprire gli handicappati che si fingono tali farebbe risparmiare 8 miliardi. Volete un altro esempio di come recuperare miliardi veri senza aumentare tasse di un euro? Scovare gli evasori fiscali là dove stanno. Un proposito che in genere è una barzelletta ma se solo si volesse potrebbe non essere tale. Gli evasori non sono i commercianti o gli artigiani del Veneto, come in genere la grande stampa accredita: quelli sfuggono al fisco, ma appena appena. Il massimo dell'evasione, come ancora una volta dimostra Ricolfi, un professore che come ho scritto passa il suo tempo a denunciare il luogocomunismo dei giornali, è concentrato in massima parte al Sud, in Calabria, Campania e Sicilia, tre Regioni ad alta intensità criminale. È lì che un erario colabrodo non incassa il dovuto, sia sotto forma di tasse che di contributi previdenziali. Ed è nel Mezzogiorno che si dovrebbero concentrare risorse e fiamme gialle, al contrario di ciò che si fa ora. Questi sono alcuni interventi che un governo dovrebbe mettere in pratica, se non volesse limitarsi a fingere di fare una manovra ma la volesse realizzare davvero. Certo, per portare a termine tutto ciò serve un governo libero di agire, senza tutti i vincoli e i limiti che invece ha il nostro. Ah, avessimo un governo…