L'editoriale
di Maurizio Belpietro
E se il Cavaliere si stesse stancando? Se, non divertendosi più, pensasse al ritiro? Nelle ultime settimane il dubbio ha iniziato a serpeggiare nelle file della maggioranza. Troppe volte il premier si è lasciato andare, lamentandosi della propria impotenza. All'inizio i più vicini avevano ritenuto che si trattasse di uno sfogo normale, se non di una scusa con cui giustificare i tagli decisi da Tremonti, scaricando sul ministro dell'Economia la responsabilità di misure largamente impopolari. Ma poi, con il passare dei giorni e la reiterazione dei concetti, anche i collaboratori più decisi hanno cominciato a interrogarsi se quelle frasi non fossero il segno di una stanchezza, o, addirittura, di una strategia che mira a preparare il terreno in vista di un ritiro. Chi lo conosce bene sa che Berlusconi non si è mai rassegnato ai riti della politica. I vertici di maggioranza, le concertazioni e le trattative con gli alleati per lui sono una perdita di tempo. Da imprenditore vorrebbe andare al sodo, senza mercanteggiamenti, mettendo in pratica ciò che c'è da fare o che lui ritiene sia giusto fare. La sua cultura, la sua storia professionale, non prevedono altro. È questa la ragione che probabilmente lo ha diviso da leader un tempo alleati e ora avversari come Gianfranco Fini e Pier Ferdinando Casini, i quali agiscono invece in base a un codice comportamentale imparato nei lunghi anni di apprendistato politico, che ha nella mediazione e nelle schermaglie verbali i punti di maggior rilievo. Il Cavaliere se potesse cancellerebbe tutto quanto: direzioni di partito, liturgie parlamentari e perfino iter istituzionali, misurandosi direttamente con l'elettorato, l'unico arbitro che egli davvero riconosce e al quale vorrebbe fosse affidata l'ultima parola in materia di decisioni dell'esecutivo. Gli anni di governo gli hanno invece dimostrato che ciò non è possibile, facendogli conoscere le complicazioni di una macchina che sembra lavorare solo per rendere difficile, se non impossibile amministrare. Tra il 2001 e il 2006 Berlusconi ritenne che il problema fosse la frammentazione della Casa delle Libertà, divisa in troppi partiti e per questo iniziò a pensare a un partito unico. Gli ultimi due anni trascorsi a Palazzo Chigi, senza più tutti i vincoli di una coalizione troppo grande, hanno però dimostrato che il problema non è risolto e le riforme prima di vedere la luce sono sottoposte a una via crucis parlamentare che spesso le rende irriconoscibili e, quasi sempre, non utili. L'ultimo caso è quello che riguarda le intercettazioni e, ancor prima, tutte le altre leggi che hanno cercato di mettere mano alla situazione nei tribunali e di impedire l'uso politico della Giustizia. Come è andata a finire si sa: siamo da anni vittime di una guerra civile giudiziaria e ora, come ha annunciato Enrico Letta del Pd, ci attende un Vietnam. Tutto ciò non può non aver stancato il presidente del Consiglio, portandolo a riflettere sul suo operato e su quello del governo da lui guidato. È inevitabile che guardi a cosa ha realizzato in questi anni e a cosa realisticamente potrà fare nei prossimi due, tanto è infatti il periodo che rimane prima che la legislatura possa essere considerata conclusa. Berlusconi probabilmente si rende conto che quanto aveva in testa di fare, alla fine, potrà essere portato a termine solo in parte e ciò lo rende inquieto e sfiduciato. Vorrebbe poter lasciare il segno più di quanto abbia già fatto. Non gli basta la riforma delle pensioni, quella del mercato del lavoro, la legge che ha sveltito le opere pubbliche. Il Cavaliere vorrebbe davvero cambiare un impianto istituzionale che ormai gli appare vecchio e non più adeguato alle necessità del Paese. L'impresa ovviamente è difficile, anche perché i vecchi apparati sono pronti a renderla una corsa a ostacoli. Con un po' di buon senso, chiunque si arrenderebbe e si godrebbe i risultati fin qui ottenuti e magari anche la pensione. Non lui. Se lo conosco un poco, andrà fino in fondo e quando sembrerà vicino alla resa, se non addirittura stremato dalla stanchezza e dalla delusione, potrebbe riservare l'ultimo scatto di reni.