L'editoriale
di Maurizio Belpietro
La disperazione a volte gioca brutti scherzi. Prendete per esempio uno comeBersani. In questi mesi le ha provate tutte nel tentativo di rianimare il corpaccione inerte del Partito democratico. Risultato? Zero, nessun segno di vita, neanche un fremito o un battito di ciglia. Nonostante la manovra economica e la peggior crisi finanziaria degli ultimi anni, le intercettazioni e le grane giudiziarie che sconquassano il governo e, infine, la guerra estenuante che gli fa il cofondatore, Berlusconi tiene, non perde consensi e conserva intatto ungradimento chesupera il 50 per cento. E a dirlo non è la Ghisleri, la sondaggista di fiducia del premier (che pure ci azzecca sempre), ma Nicola Piepoli, ex analista di tendenze per conto di Prodi. Dalle sue ultime ricerche emerge che, paradossalmente e contro ogni aspettativa, la fiducia nel Cavaliere ha un trend positivo. Al contrario, lo sfortunato segretario piddino non riesce a smuovere di una virgola le anemiche percentuali dei suoi, che restano ai minimi, intorno al 30 per cento. Bersani, il quale anche se viene dall'Emilia rossa non è Lenin, nel suo piccolo, tra uno sfratto e l'altro che lo costringe continuamente a cambiare sede al Pd, si deve dunque essere fatto la mitica domanda che il leader russo si pose prima di lanciare il partito bolscevico. Che fare? Come si fa la rivoluzione, se non d'inverno almeno in primavera? Pensa che ti ripensa, ecco spuntare la brillante idea che ieri ha esternato: allearsi con il presidente della Camera, dando vita a un fronte popolare contro l'odiato Cavaliere. Al momento in cui è sbocciata, la soluzione dev'essergli parsa formidabile e capace di sbaragliare l'avversario. Se si mettono insieme Di Pietro e Vendola, Fassino e Fini e magari, un domani anche, Casini non ce n'è per nessuno, deve aver ritenuto il capo di ciò che resta dell'opposizione. Probabilmente il Metternich di Bettola ha in testa una sorta di Santa Alleanza , ma in realtà la sua somiglia più all'armata Brancaleone di Monicelli, una banda di perdenti che cerca in ogni modo di conquistare qualcosa. In questo caso, pur non essendo d'accordo su nulla, l'armata di Bersani ha un solo obiettivo: espugnare Palazzo Chigi e conseguentemente far secco il Cavaliere. Nulla di nuovo quindi. Sono quindici anni che ci provano e tutti quelli che si sono impegnati nel progetto si sono scornati, a cominciare da Occhetto per finire a Veltroni. Anche il presidente della Camera è da un po' che studia lapratica e in almeno un paio d'occasioni ha creduto d'essere vicino alla meta. Nel 2006 sperò in una sconfitta talmente bruciante da spedire Berlusconi ai giardinetti, poi tornò a sognare il giorno della mancata spallata. Purtroppo per lui le cose non sono andate come voleva. Ciò nonostante Fini non ha smesso di sperare e, anche se non lo ammetterà mai, sarebbe pronto ad allearsi perfino con il diavolo pur di coronare il suo sogno. Che Satanasso poi abbia la faccia al tortellino di Bersani lo tranquillizza perfino un po'. Avanti di questo passo, però, i due più che a Palazzo Chigi rischiano di finire all'inferno. Il che per il presidente della Camera sarebbe il colmo. Uno che ha vissuto con la fiamma per una vita riuscendo solo in tarda età a liberarsene, sarebbe costretto a passare il resto dei suoi giorni tra le fiamme. Una brutta fine per Fini. Per Bersani invece nessun problema. Lui non ha paura delle fiamme: è già bollito.