L'EDITORIALE
di Maurizio Belpietro
Gianfranco Fini si ostina a tacere e a non diradare i misteri che circondano la casa di Montecarlo. Perfino Repubblica, che da giorni tenta un disperato soccorso bocca a bocca, se n'è accorta e ieri in un editoriale anonimo, dunque riconducibile al suo direttore, ha scritto che il presidente della Camera ha il dovere della chiarezza. «Deve pretendere la verità da Giancarlo Tulliani», ha intimato Ezio Mauro, chiedendogli «di rivelare i nomi e i cognomi degli acquirenti e le condizioni dell'affitto», così da fugare il sospetto, «ogni giorno sempre più forte», che il cognato sia il vero proprietario dell'immobile monegasco. L'appello dell'organo della sinistra al caviale è quasi certamente destinato a cadere nel vuoto e per rendersene conto basta sfogliare proprio Repubblica. Nonostante con una semplice telefonata Fini possa ordinare a Tulliani di esibire le carte, il giornale ci informa che per un chiarimento tra i due ci vorranno almeno venti giorni, ossia il tempo che l'uno finisca le immersioni ad Ansedonia e l'altro le gite in Ferrari. Evidentemente, il disappunto del presidente della Camera per la scoperta del pasticcio monegasco non è tale da spingerlo a rinunciare a secchiello e paletta. Difficile a questo punto avere informazioni anche sull'altra questione che lo vede protagonista: gli appalti Rai. Da giorni gli chiediamo di rispondere alle accuse d'aver fatto pressioni sui dirigenti della tv di Stato per far ottenere al cognato e alla suocera un appalto da 1,5 milioni di euro. La nostra ricostruzione è precisa e i dubbi su quel contratto sono molti, a cominciare dal fatto che la società beneficiaria è stata costituita poco prima di ricevere l'incarico. Visto però che Fini, nonostante si dica favorevole a una battaglia per la trasparenza e la legalità, continua a non parlare, la richiesta la giriamo direttamente ai vertici di Viale Mazzini: mostrino loro le carte e ci spieghino chi e perché assegnò alla famiglia Tulliani un lavoro che fino al giorno prima la Rai si era fatta in casa. Quando un produttore vuole lavorare per l'azienda pubblica, deve essere iscritto all'albo fornitori, qualcuno ne deve insomma aver testato la competenza, le capacità e la solidità finanziaria. In questo caso non ci risulta ci fossero i requisiti, ma l'incarico non incontrò ostacoli. Chi garantì per lo sconosciuto fornitore di “Festa italiana”? Chi sottoscrisse la scheda proposta programma, ovvero il documento che serve per far decollare l'appalto, e in cui devono essere indicati gli obiettivi del programma e le ragioni dell'assegnazione a persone esterne alla Rai? Se a firmare non fu il direttore generale Mauro Masi, come pare ormai chiaro, di chi è il nome riportato sotto ai documenti? Del direttore di Raiuno Mauro Mazza? L'ex direttore del Tg2 fu voluto alla guida della rete ammiraglia proprio da Fini e dunque il presidente della Camera, dopo aver incassato il no dell'altro finiano doc di Viale Mazzini Guido Paglia, potrebbe essersi rivolto proprio a lui. In tal caso vorremmo sapere perché fra tante società Mazza scelse proprio quella dei Tulliani. È una domanda vietata? Non crediamo. A chi dobbiamo rivolgerci per farci consegnare i documenti e sapere il nome del dirigente che ha dato 1,5 milioni ai Tulliani? A Brunetta? Se ce ne sarà bisogno lo faremo. Ma crediamo che l'ufficio stampa della Rai o forse meglio quello di Mauro Mazza potrebbero evitarci l'incomodo. Tanto, nonostante gli ostacoli, prima o poi ci arriveremo.