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L'editoriale

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di Maurizio Belpietro

Tatiana Necchi
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Più di un lettore ci ha scritto dicendosi meravigliato per il nostro titolo di sabato. Lo hanno giudicato poco chiaro: pareva che Libero si giustificasse con Gianfranco Fini, dopo un'inchiesta lunga un mese. In realtà, con  «Scusate, abbiamo scherzato» intendevamo segnalare l'improvvisa aria di tregua scoppiata nella maggioranza, dopo la guerra civile che l'aveva preceduta per settimane. Se siamo stati equivoci,  chiediamo venia. Ma a nostra discolpa possiamo far valere un'attenuante: è la politica di questi giorni a non essere limpida, per cui anche chi, come noi, è abituato a decifrare i messaggi più oscuri è obbligato a procedere a tentoni, cercando di farsi largo tra la nebbia che ha avvolto i palazzi della politica nonostante l'estate. Perfino un tipo esperto come Vittorio Feltri ieri su il Giornale è stato costretto a domandare a Berlusconi che caspita stesse succedendo.  Purtroppo di sicuro c'è solo che nulla è certo.  Non si sa se ci saranno i voti necessari a tenere a galla il governo né se il futuro a breve ci riserverà nuove elezioni. Ieri il Cavaliere, in un'intervista che ci ha concesso in tv,  ha giurato che non si andrà al voto, i finiani saranno leali e anche Bossi si comporterà bene. Pur non avendo motivo di  dubitare della sua parola, confessiamo di non essere pronti a giurare che la legislatura proseguirà. Innanzitutto perché è scontato che il premier, il quale ha l'onere di tirare avanti la baracca finché questa è in piedi, sia tenuto a dar prova di fiducia, evitando che il morale finisca sotto i tacchi. E poi perché la politica di queste settimane si è fatta scivolosa e infida al punto da non consentire pronostici sicuri: troppi cosiddetti rappresentanti del popolo sembrano infatti più interessati a rappresentare i problemi loro che quelli del Paese.  Tanto che in queste ore pare di assistere al calcio mercato, con deputati e senatori contesi al pari di Maicon. Gente eletta nelle file dell'Italia dei valori o in quelle dell'Udc  sarebbe pronta a passare in quelle del PdL;  esponenti del Popolo della Libertà in quelle dei finiani. Come finirà non è dato sapere, anche perché c'è la sensazione che qualcuno stia facendo il doppio e forse anche triplo gioco, in attesa di capire chi sarà il vincitore e quindi accasarsi definitivamente. Insomma, l'incertezza regna sovrana e nonostante gli sforzi per orientare la bussola si hanno le stesse possibilità di azzeccarci di chi gioca al lotto. Da quel che si capisce, ci toccherà rimanere sospesi per un paio  di settimane, almeno fino a quando il premier si presenterà alla Camera per fare il famoso discorso dei cinque punti. È in quell'occasione che dovrebbe svelarsi la consistenza del gruppo di Responsabilità nazionale, una specie di legione straniera cui toccherebbe il compito di soccorrere il governo e sottrarlo al ricatto dei fedelissimi di Fini. Sarà davvero consistente al punto da consentire una maggioranza sicura di 320 deputati a Montecitorio e 160 al Senato, come fanno capire gli uomini del Cavaliere? Per averne conferma non resta che aspettare. Ma, forse, sul risultato potrebbe influire non poco l'affare Montecarlo. Voci di corridoio dei palazzi che contano parlano di una svolta a breve. Sarebbero infatti in arrivo documenti in grado di dimostrare senza ombra di dubbio chi stia dietro le società offshore costituite per l'occasione, svelando dunque finalmente il mistero che da un mese circonda l'appartamento monegasco. Si tratterebbe di aver pazienza qualche giorno o poco più. Vero, falso? Difficile dirlo. Una cosa è certa: a Roma è tornato a farsi vivo Giancarlo Tulliani, il cognatino del presidente della Camera ovvero l'uomo che custodisce il mistero. All'inizio di agosto, dopo che lo si era scoperto inquilino dell'abitazione lasciata dalla contessa Colleoni ad An, “Elisabetto” aveva promesso che avrebbe spiegato tutto appena trascorse le vacanze. Invece, inseguito dalla nostra Roberta Catania, Tulliani se l'è data a gambe levate, evitando qualsiasi commento. Nessuno stupore, ovviamente: quella di scappare di fronte alle domande deve essere un'abitudine di famiglia.

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