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L'editoriale

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di Maurizio Belpietro

Andrea Tempestini
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Diciamo la verità: Fini, Casini e Rutelli stanno bene insieme. Anzi, sembrano fatti apposta per stare insieme e non si capisce perché fino a oggi abbiano militato in partiti con idee e programmi diversi. Tuttie tre vengono dalla Prima Repubblica e hanno sulle spalle più giri di valzer di un ballerino professionista. Tutti e tre hanno più di cinquant'anni e quasi trenta li hanno trascorsi seduti in Parlamento a fare e disfare governi. Tutti e tre sono esageratamente ambiziosi e scalpitano per occupare un posto più importante di quello che hanno. Del resto, dopo tanta anticamera chiunque vorrebbe poter essere ammessonel salotto di casa, quello in cui soggiornano i numeriuno e non gli eterni secondi. Insomma, i ragazzi di Almirante, Bisagliae Pannella si sono stancati di portare le borse degli altri e nonostante siano ben sistemati,conmega-uffici e segretarie (l'unico che soffre un po' è Rutelli, ma a differenza dei compagni di viaggio si è fatto soffiare la presidenza della Camera da Bertinotti e ha dovuto accontentarsi di un posto da vicepremier), sono insoddisfatti e rimuginano amari su come liberarsi di Berlusconi. Casini e Fini condividono pure le stimmate di aver sopportato il Cavaliere per quindici anni.Quando siallearono con lui, nel 1994, pensavano che fosse fesso, un incidente della storia di cui si sarebbero liberati appena trascorsa la bufera di Tangentopoli. Invece sappiamocomeè andata,immaginatevi dunque i rospi che hanno dovuto ingoiare ogni giorno in attesa che il premier si decidesse a levare il disturbo. Rutelli, pur non avendo subìto il peso di averlo come alleato, per colpa di Berlusconi ha patito la sua più bruciante sconfitta, quella che gli ha segato la carriera da numero uno. Nel 2001, forte del successo dei suoi mandati da sindaco nella Capitale e dei favori fatti alla Chiesa durante il Giubileo, si candidò a premier col centrosinistra e per colpa di quel dannato Cav finì male. Così il povero Cicciobello, questo il suo soprannome fin dai tempi in cui faceva da sgabello a Pannella, si ritrovò a sfogliare la Margherita. Fini, Casini e Rutelli, oltre che coetanei, oltre che un'uguale anzianità parlamentare e un'identica ambizione, hanno dunque la stessa voglia di spedire alle Bermuda il premier. Un desiderio che sprizza dai loro pori ogni volta che si tocca il tasto di un possibile reincarico al Cavaliere in caso di sue dimissioni anticipate. Piuttosto di Berlusconi sarebbero pronti ad affidare il governoperfino al diavolo, cheperloro ha le stesse fattezze e la stessa vocina di Giulio Tremonti. Tolta la smania di potere e l'avversione a Silvio, i tre hanno idee totalmente opposte su tutto. Fini non ha pregiudizi sulle coppie gay e farebbe sospendere le cure ai malati terminali, Casini e Rutelli, entrambi baciapile, invece respingono con sdegno proposte simili. Ma le idee differenti non sono un problema. Basta rileggersi quelle che hanno sostenuto nel passato per capire chehanno cambiatopiù posizioni di Rocco Siffredi nelle sue performance amatorie. Fini era fascista e adesso nonva più neanche alle cerimonie in ricordo di Almirante. Voleva cacciare gli immigrati e ora vuol dar loro la cittadinanza. Premeva per buttar fuori i maestri gay dalla scuola e ora ci va a braccetto. Rutelli ha fatto peggio: era radicaleedè diventato papista, si fece arrestare per impedire l'apertura di una centrale nucleare e adesso gli impianti a fissione li installerebbe pure in Campidoglio, era antagonista di Fini per la poltrona di sindaco di Roma e adesso sono compari. Casini è quello che è rimasto più fermo, perché essendo di vecchia scuola democristiana è convinto che siano gli altri a dover girare intorno al centro: che i satelliti poi siano neri o rosso-verdi non fa differenza, conta essere indispensabile per tutti i giochi. Ovviamente, vista l'anagrafe e confrontata con quella di Berlusconi, i tre cinquantenni si ritengono nuovi e come tali si mostrano agli elettori. Pochi però sanno che, scartato l'imballo con cui si presentano, sotto si trova solo il vecchio. Tre vecchi “giovani” che avanzano. E nessuno sa come riciclarli.

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