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L'editoriale

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di Maurizio Belpietro

Andrea Tempestini
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Tutti i giornali, Libero compreso, riferivano ieri dell'aria malmostosa di Gianfranco Fini dopo la batosta sul voto di fiducia. La Stampa aggiungeva però un particolare in più rispetto agli altri, una frase sfuggita al presidente della Camera nelle ore successive alla disfatta: «Ora ci divertiremo...» . Secondo l'autore dell'articolo, Fabio Martini, il leader di Futuro e Libertà nel chiuso del suo ufficio e al solo cospetto dei fedelissimi, si sarebbe lasciato andare a commenti poco istituzionali, rivelando propositi di vendetta e promettendo d'ora in poi di non farne passare liscia a Berlusconi neppure una. In pratica, Fini vorrebbe trasformare Montecitorio in un Vietnam, una specie di giungla in cui disseminare trappole anti governo, usando la tecnica della guerriglia per prendersi una rivincita sullo storico avversario. L'indiscrezione raccolta dal quotidiano piemontese non mi stupisce. Conoscendo Fini, so che la sua presunzione e la sua ambizione martedì hanno subìto un duro colpo, e, rancoroso com'è, immagino  stia preparando mille tranelli pur di uscire dall'angolo in cui si è ficcato. Ovviamente non conosco quali trucchi escogiterà, ma sono certo che intenda sfruttare la sua posizione per continuare la battaglia contro il Cavaliere. Già nelle ore antecedenti il voto, il presidente della Camera aveva usato tutto il suo potere e anche il suo ufficio per convincere gli incerti a votare la sfiducia a Berlusconi. In qualche caso era ricorso alle lusinghe, in altri agli insulti e alle minacce, come hanno riferito alcuni deputati. Avendo passato il Rubicone che segna il confine tra una carica super partes e un capo fazione, non ritengo dunque che Fini rientrerà nei ranghi, ma sono più propenso a credere che, come gli uomini disperati, sia pronto a tutto, anche alle scorrettezze più gravi pur di salvare la poltrona su cui è issato e che ora vede vacillare. Ecco perché egli non può rimanere un minuto di più in quella posizione. Non garantendo neppure una parvenza d'imparzialità, il capo di Futuro e Libertà non ha i requisiti per guidare la Camera. Avesse la sensibilità richiesta per amministrare il suo delicato compito, Fini avrebbe già sentito il bisogno di farsi da parte, ma non essendo stato così credo sia indispensabile rimuoverlo. Bene ha fatto dunque Bondi a invocare anche l'intervento del Capo dello Stato. Un signore che promette di usare il proprio potere istituzionale per scatenare un Vietnam parlamentare contro una maggioranza regolarmente eletta è una minaccia e come tale va disinnescato in fretta. Per quel che ci riguarda, raccoglieremo firme e commenti dei lettori, da inviare al Quirinale e a Montecitorio, e vedremo fino a che punto l'uomo che si è auto convinto di essere uno statista vorrà ignorarli.     

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