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L'editoriale

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di Maurizio Belpietro

Giulio Bucchi
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L'Italia è il paese dove tutti tengono famiglia e per questa ragione, forse, più che una Repubblica fondata sul lavoro sarebbe meglio definirla una Repubblica fondata sul lavoro e sulla raccomandazione dei parenti. Moglie, mariti, amanti e figli, tutti hanno diritto al posto fisso, di regola quasi sempre pubblico. Se non è un'assunzione vera e propria, sono appalti o comunque denaro degli italiani che esce dalle casse dello stato e finisce per ingrossare i portafogli dei privati. In genere, però, si tratta di famiglia in senso stretto e non allargata ai congiunti di secondo o terzo grado. Ma nel 2010 ecco la grande innovazione, di cui va dato merito al presidente della Camera. Gianfranco Fini ha infatti introdotto fra i familiari da sistemare anche la figura del cognato, che fino a prima era stata ingiustamente sottovalutata a favore della ristretta cerchia di consanguinei. Sia dunque dato merito al leader di Futuro e Libertà di aver consentito questo passaggio epocale nella storia della nostra democrazia parentale. A tutt'oggi la neonata formazione politica ha concluso poco: non è riuscita a licenziare Berlusconi e nemmeno a fare il ribaltone. Ma almeno il ribaltino del cognato è una conquista acquisita. Ora si comprende che quando Fini parlò del merito come unico metro e strumento di valutazione dei giovani, aveva in mente la figura del fratello di Elisabetta Tulliani, in arte Elisabetto. E' a lui che pensava citando il mercato del lavoro e la necessità di scommettere sui ragazzi, per trattenerli in Italia, evitandone l'espatrio. Il povero cognato, non essendo state sufficienti le milionate della Rai, è stato costretto a rifugiarsi a Montecarlo, avviando nuove iniziative imprenditoriali, tra cui portare la fidanzata a spasso per il Principato a bordo di una Ferrari fiammante. Invece bisognava credere in lui e investire di più di quelle due briciole messe a disposizione dalla tv di stato. La riabilitazione del parente acquisito è stata poi definitiva grazie alla vicenda dell'appartamento monegasco, lasciato in eredità dalla contessa Colleoni ad Alleanza nazionale, con l'intenzione di fornirla di mezzi patrimoniali adeguati per «una buona battaglia». Non sto a rifare la storia, che ormai è conosciuta da tutti. La casa, invece di essere usata per finanziare An, è stata svenduta a misteriose offshore e poi arrivata in possesso di Giancarlo Tulliani, il quale, secondo un documento del governo di Santa Lucia, sede delle oscure società finanziarie, ne sarebbe il legittimo proprietario. Fin qui la vicenda, ma è quel che viene dopo ad essere interessante. Fini, che è una delle massime autorità di questo paese, prima ha negato di saperne alcunché, poi ha fatto sapere di essersi infuriato con il parente e di attendere spiegazione appena questi avesse concluso le vacanze. Quindi di non conoscere il nome dell'acquirente dell'abitazione, infine di essere pronto a dimettersi qualora il vero padrone dell'immobile fosse risultato il cognato. Sonopassati mesi da queste promesse e il presidente della Camera, che come detto occupa una poltrona tra le più importanti, non è riuscito a svelare il mistero. Il parente stretto ha tranquillamente ignorato le sue richieste di chiarimento, continuando a godersi l'alloggio e pure la bella vita, fregandosene dei guai in cui aveva precipitato il compagno della sorella. Non è la dimostrazione più lampante del rilievo assunto dai cognati? Altro che peso da sopportare - o piazzare - per amore della madre dei tuoi figli. Giancarlo Tulliani ha dato prova di chi davvero comandi in casa Fini. È lui, il cognato, che decide e fa quello che vuole, impippandosene della politica, delle cariche dello stato e pure di Futuro e Libertà. L'unico futuro che conta è il suo, mica quello del presidente della Camera. Dunque, giunti a fine anno, è obbligatorio riconoscere la svolta. Con una preghiera. Visto che è il cognato a prendere le decisioni, a Montecitoriononsi potrebbe avere quello vero e non la sua controfigura? Se è Tulliani a fare il bello e il cattivo tempo, dateci lui e riprendetevi quello che anche se fa bei discorsi non è capace di farsi ascoltare neppure in famiglia. Meglio il cognato che conta piuttosto di chi, quando vende casa, non sa far di conto. Ps. Ma quando nelle prossime settimane arriveranno le carte sull'appartamento monegasco, alla fine chi dei due cognati parlerà? Fini, Tulliani o nessuno dei due?

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