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L'editoriale

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di Maurizio Belpietro

Giulio Bucchi
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L'ultima trovata è geniale, nuova soprattutto. La sinistra intelligente (Santoro, Travaglio eccetera) va in piazza per sostenere i giudici. E la destra grulla per pareggiare il conto vuol fare la stessa cosa allo scopo di tener su Silvio Berlusconi. Manifestazioni simmetricheadimostrazione che l'Italia, dopo centocinquant'anni, è davvero unita. Il comune denominatore è la pagliacciata. O la mancanza di fantasia. Organizzare cortei e comizi a cielo aperto è sempre in voga. In Egitto, in Algeria, nello Yemen, in Albania, in Tunisia, in Grecia e altrove il popolo lotta per liberarsi di regimi oppressivi e conquistare condizioni di vita migliori; c'è gente che muore ammazzata in scontri con l'esercito e la polizia. Dilaga la rivolta per grandi questioni. E l'Italia, contagiata dallo spirito ribellista, non resiste alla tentazione di scendere in strada e protestare contro le abitudini sessuali del premier. C'è chi sfida il potere per il pane e chi, come noi, avendo la pancia piena e la cassintegrazione, fa le barricate per demolire la mignottocrazia. Ciascuno ha i propri problemi e fa quello che può onde risolverli. Gli italiani sono angosciati dalle “patatine bollenti” in servizio permanente ad Arcore e vorrebbero redimere l'utilizzatore finale. Come? Cominciando adandare in piazza. I giornali di mezzomondo parleranno del Bel Paese e ci sfotteranno: eccoli i soliti mandolinari, talmente bontemponi da insorgere perché il loro premier scopa troppo. Oddio. Un presidente del Consiglio che si segnala all'attenzione internazionale per il numero degli orgasmi quotidiani forse dovrebbe assumere il bromuro anziché il Cialis, ma questo è un altro discorso e andrebbe fatto in Parlamento invece che in tivù. Sarebbe più efficace e meno grottesco. Berlusconi non è più idoneo a governare? Sfiduciatelo. E, siccome è stato eletto dal popolo mediante l'esercizio democratico del voto, una volta fosse sfiduciato si tornerebbe alle urne e festa finita. Dato che la sovranità è appunto del popolo (è scritto nella Costituzione adorata da tutti quelli che però se ne fanno un baffo), siano gli elettori a dire se il Cavaliere debba cambiare mestiere oppure rimanere, nonostante l'abuso di coiti, al posto in cui attualmente si trova, con la preghiera magari di contenere i suoi ardori. È difficile seguire simile prassi? Non mi pare. L'opposizione semmai si rechi al Quirinale e dica a GiorgioNapolitano: questo esecutivo non esegue quindi noi ci dimettiamo in massa e si proceda a consultazioni anticipate. Lo stesso PdL sarebbe costretto (con la Lega) ad accettare il giudizio dei cittadini, il solo che abbia peso in una democrazia passabile. Viceversa non avviene nulla di tutto ciò e si va in piazza per faccende di mutanda, si inscenano processi televisivi, si fa caciara senza nulla concludere. Dirò di più. Le elezioni non si nominano nel timore che qualcuno pensi davvero di farvi ricorso. Non le nominala sinistra, non lenominal'Idv, non le nomina Casini, non le nomina Fini. Ne accenna Bossi ma con scarsa convinzione. Perché si desidera evitare a ogni costo la conta? Si dice: c'è la crisi economica. Figuriamoci. È preferibile aprire i seggi o tenersi un governo chiuso per impegni erotici e successive polemiche e inchieste giudiziarie? Votare non significa turbare ma rasserenare. Il solo abilitato a dire “di qui non mi muovo” è il Cavaliere. Il quale una maggioranza (brutta, raccogliticcia ed esigua finché volete) ce l'ha. Pertanto è necessario persuaderlo che gli conviene comunque tentare la sorte e affidarsi alle urne, perché, conciato com'è, se non cade oggi, cade domani. Tra l'altro gli indicatori disponibili (sondaggi) sono eloquenti: il centrodestra ha parecchie probabilità di rivincere anche senza i finiani. Nell'eventualità, la sinistra, già scassatissima e sprovvista di bussola, non avrebbe più argomenti né energie per disturbare il manovratore. Se in questa congiuntura l'unicacertezza è che andare avanti così non è lecito, il Cavaliere ne prenda atto. Ne prendano atto tutti, incluso il presidente della Repubblica. Infatti siamo già alla deriva comica. Se insistiamo con la pochade delle amichette, delle minorenni, delle escort, delle intercettazioni, dei moralisti e dei perdonisti, del conflitto fra chi fa il tifo per l'eroto - mane e chi lo deplora indossando abusivamente il saio, saremo sepolti non dalla crisi economica, ma da una risata. Il paradosso è evidente: tra il Cavaliere, che difende la propria libertà di fare le porcellate che gli garbano, e chi si arroga il diritto di ficcare il naso sotto le lenzuola presidenziali, tutti contribuiscono a trasformare una vicenda degna di un film dei Vanzina in un assurdo caso nazionale. L'effetto è tragicamente farsesco e induce i cittadini a disprezzare il ceto politico e chi ne racconta le prodezze. Le discussioni in famiglia, negli uffici, sui treni - causa assuefazione a temi pecorecci - sono imperniate sulle fantasmagoriche performance del premier. Come fa alla sua età, benedetto uomo, ad avere tanta vitalità? E giù con le ipotesi stravaganti. Alcuni maligni suppongono che in realtà lui paghi varie signorine non per farsele, ma perché vadano in giro a favoleggiare sulla sua straordinaria potenza virile, alimentando il mito del macho. Altri dubitano che un ultra settantenne operato di cancro alla prostata (l'intervento equivale alla “totale” per le donne) sia in grado di collezionarne cinque al dì quando sarebbero già troppe cinque all'anno. Converrete, amici lettori, che il dibattito si sia un po' svilito. Eppure nei talk show che vanno per la maggiore di questo si discetta seriosamente; non ci si cura del rischio di declassare le tribune politiche a rubriche di divulgazione sessuologica. Quando i conduttori tentano di sollevare il tono delle conversazioni, inavvertitamente lo abbassano passando dagli amplessi a Villa San Martino ai complessi di inferiorità dell'opposizione incapace di rendersi presentabile e di fornire una alternativa all'elettore smarrito; una opposizione che continua a ripetere le antiche litanie: tassare le rendite patrimoniali, genericamente risparmiare e finanziare il cinema (che nessuno vede), gli enti lirici, la kultura, la ricerca, la scuola, l'università. Sicché in questa maniera si terrorizza la borghesia, anche quella piccola piccola, che considera in pericolo il bilocale acquistato coni sacrifici di un'esistenza. La quale borghesia poi si pone un interrogativo: chi dovrebbe gestire la stretta fiscale? E si affacciano i volti di Walter Veltroni, Massimo D'Alema, Dario Franceschini e una folla di fantasmi ex comunisti o ex qualcos'altro. Subentra negli spettatori la depressione. Sarebbero questi figuri a riportarci in paradiso dopo il bagno nell'inferno berlusconiano? È a questo punto signori miei che si rivaluta automaticamente il vecchio porco: meglio lui di chiunque altro a disposizione. Teniamocelo stretto, in fondo è un buon diavolo anche se fa le corna nelle foto di gruppo, anche se palpotta i glutei delle aspiranti veline. Talora si paventa il governo tecnico che si ignora cosa sia, però mette i brividi perché i tecnici, è noto, sono addirittura peggiori dei politici. Se inoltre si tratta di politici tecnici di qualsiasi tipo, addio, non resta che fare testamento e pregare. Ricordate Ciampi e Amato? Ci hanno rovinati. Con la scusa di diminuire il debito pubblico ci hanno strangolati con imposte e balzelli e, alla fine, il suddetto debito è aumentato. Dio ce ne scampi. Sarebbe da stolti confidare in un ravvedimento di certo personale politico. Che assomiglia tanto a quello della prima Repubblica morto suicida con l'aiuto, non determinante, di Di Pietro al quale bastò fare la voce grossa e far tintinnare le manette per obbligarlo a rinunciare all'immunità parlamentare e a consegnarsi ai pm. Da quel giorno, se un qualunque governante non piace alle toghe o agli amici delle toghe, è sufficiente che un sostituto procuratore gli mandi un avviso di garanzia: lo fa secco. Dunque? Sperare che Berlusconi faccia le riforme, compresa quella della giustizia? Non scherziamo. Coi numeri che ha alla Camera non può fare alcunché, nemmeno porsi in salvo. Andiamoa votare e piantiamola lìcon questa commedia burina che fa venire l'orticaria. Sgomberate le aule, signori politici inetti; tornatevene a casa e disperdete le vostre tracce. Ne eleggeremo altri. Peggiori di voi non potranno essere.

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