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L'editoriale

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di Maurizio Belpietro

Andrea Tempestini
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Sono passati vent'anni esatti  da quando all'Europeo diretto da Vittorio Feltri svelammo i nomi di chi aveva in affitto le case  del Trivulzio, il pio albergo che a Milano assiste e cura i vecchietti. Allora i fortunati occupanti di appartamenti di lusso a canone stracciato erano politici, giornalisti, magistrati, portaborse e su tutti regnava Mario Chiesa, all'epoca poco famoso ma destinato a diventarlo presto, quando l'anno successivo Antonio Di Pietro lo arrestò facendo precipitare la valanga di Tangentopoli. A distanza di due decenni, al Trivulzio nulla è cambiato o quasi. Dopo settimane di una campagna serrata condotta da Libero, alla fine è stato reso noto l'elenco degli affittuari dei mille alloggi posseduti dall'ente e non solo si ritrovano alcuni di quelli che c'erano prima, per esempio la compagna del candidato sindaco del centrosinistra, nonché giornalista di Repubblica, Cinzia Sasso, ma se ne sono aggiunti altri. Nomi conosciuti, come quello di Carla Fracci, ex ballerina della Scala e ora ballerina in piazza a ogni corteo della sinistra. Altri meno, come quelli di alcuni esponenti locali del Popolo della Libertà. Tutti comunque accomunati da pigioni irrisorie e da residenze nelle più belle strade del capoluogo lombardo. Spazzato via il “Mariuolo”, il vizietto di farsi assegnare le abitazioni della Baggina, così i milanesi chiamano il Trivulzio, rimane. I palazzi che l'ente ha ricevuto in lascito per finanziare i servizi e gli aiuti ai vecchietti, invece di essere usati allo scopo sono occupati dalla nomenklatura, la quale si fa affittare 100-150 metri quadratri per poco più di cinquemila euro l'anno e quando è beccata si giustifica dicendo di abitare in una stamberga bisognosa di parecchie operedi ristrutturazione. Nel 1991 i fatti ci parvero spregevoli, oggi se possibile ancora di più. Intendiamoci, l'occupazione “abusiva” delle palazzine donate agli anziani non è un'esclusiva di Milano. A Roma, dove il patrimonio edilizio degli istituti comunali è enorme, si è perso addirittura il conto di chi abita certi alloggi e ci sono inquilini morosi da sempre che nessuno si occupa di sfrattare. Sedici anni fa, quando al Giornale scoperchiammo Affittopoli, rivelando che anche le case a garanzia della pensione dei lavoratori servivano a dare un tetto e pure un salotto ai potenti, vennero fuori i nomi di mezzo stato maggiore della sinistra e del sindacato. D'Alema, Veltroni, Nilde Jotti, la figlia di Cossutta, alcuni dei capetti della Cgil. D'Antoni, all'epoca segretario della Cisl, si era fatto l'attico con la Jacuzzi, mentre De Mita come ex presidente del Consiglio se l'era fatto blindare a spese dello Stato. Rivolgendosi ai consiglieri di amministrazione degli enti che loro stessi avevano nominato, avevano ottenuto residenze a equo canone senza essere né bisognosi né in lista d'attesa. Lo scandalo fu enorme, ma invece di far le valigie molti onorevoli fecero finta di niente e si tennero stretto l'appartamento, riuscendo in seguito a farselo addirittura vendere con lo sconto. Così si comprò casa Franco Marini, anch'egli sindacalista e futuro presidente del Senato, così  fecero anche Nicola Mancino, ex ministro dell'Interno e vicepresidente del Csm, Pier Ferdinando Casini e i già citati Veltroni e Maura Cossutta. Probabilmente, scavando nei patrimoni dei molti enti di beneficienza delle città italiane si scoprirebbero tante Baggina uguali a quella ritornata alla luce ieri  a Milano, solo che nessuna magistratura ci vuol mai mettere il naso. Invece di inseguire le piccole e grandi ruberie ai danni di vecchietti, pensionati  e lavoratori, preferiscono ficcare il naso fra le lenzuola del premier. Più comodo e di maggior soddisfazione, almeno sulle pagine dei giornali. Ma visto che non lo fanno le toghe, troppo impegnate a rincorrere le dame di compagnia di Berlusconi, abbiamo deciso di farlo noi di Libero. Oggi, cari lettori,  vi offriamo i nomi dei fortunelli di Milano. Presto speriamo di offrirvi gli altri. Buona lettura.

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